E tra i veti incrociati alla fine spunta il “Consultellum” che forse conviene a molti…

14 Gen 2014 16:26 - di Oreste Martino

A leggere i commenti di politici e opinionisti le motivazioni con cui la Corte costituzionale ha bocciato il Porcellum metterebbero spalle al muro i partiti, che a questo punto devono immediatamente approvare una nuova legge elettorale. In realtà c’è anche un’altra lettura, tutta italiana e diametralmente opposta, che potrebbe invece farci assistere ad una melina immobilista tendente a non far passare nessuno dei tre sistemi in campo – spagnolo, Mattarellum e doppio turno di coalizione -– per lasciar sopravvivere ciò che residua dalle 26 pagine di motivazioni della Consulta.

Se è vero che il pallino della riforma c’è l’hanno in mano Renzi e Berlusconi è altrettanto vero che sarebbe difficile farla senza l’assenso di Letta ed Alfano. E questo complica le cose e apre una finestra a chi potrebbe optare per lasciare le cose come stanno. Se i leader di Pd e Forza Italia puntano sullo spagnolo si sentiranno dire che prima bisogna abolire il Senato per evitare il rischio di due diverse maggioranze e che ci vuole molto tempo per farlo. E quando ripiegheranno sul Mattarellum modificato gli verrà obiettato che la sentenza della Corte costituzionale vieta un sovradimensionamento del premio di maggioranza e che con tre poli in campo il giorno dopo il voto non ci sarebbe un governo. In effetti il sistema già usato in passato già prevede un effetto maggioritario nei collegi, dove viene eletto chi prende più voti in un solo turno e quindi consente a chi prende una percentuale magari oscillante tra il 35 e il 40% su un territorio di conquistare il seggio in palio. Se a questo forte effetto maggioritario si aggiunge un premio del 15% a chi prende più voti su scala nazionale potrebbe esserci la stessa forte distorsione tra voti conquistati e seggi ottenuti che ha indotto la Consulta a mandare il Porcellum a casa. Con l’attuale situazione politica può accadere che arrivi prima sia nei singoli collegi sia a livello nazionale la coalizione che prende appunto tra il 35 e il 40% dei voti, ottenendo poi il 60% dei seggi e riproponendo così lo stesso problema appena affrontato dai giudici costituzionali. A questo va aggiunto che essendo imprevedibile la distribuzione dei voti nazionali nei collegi ci si può trovare anche nella situazione in cui Renzi, Berlusconi e Grillo conquistano circa 150 deputati a testa nei collegi ed aggiungendo a chi arriva primo i circa 90 seggi del premio ci si troverebbe con un vincitore al quale mancano in aula almeno cento voti per avviare una tranquilla stagione di governo.

La terza ipotesi in campo, il doppio turno di coalizione, è l’unica che garantisce la governabilità e una maggioranza certa, senza distorsioni perché a decidere a chi deve andare il premio sono gli elettori al secondo turno. Però è un sistema che vede la ferma contrarietà di Berlusconi, consapevole che il ballottaggio è la bestia nera del centrodestra perché appassiona poco l’elettorato moderato.

In questo gioco di veti incrociati qualcuno potrebbe esser tentato dal voto con il sistema elettorale uscito dalla decisione della Consulta, cioè un proporzionale senza premio di maggioranza con una preferenza. Questo sistema potrebbe esser considerato da Berlusconi meno peggio del doppio turno di coalizione, perché lo renderebbe comunque indispensabile per la nascita di qualsiasi maggioranza, è nelle corde di Letta e Alfano perché porta dritti dritti alle larghe intese e certamente piace a Grillo perché è quello che gli garantisce il miglior risultato elettorale. Può piacere anche alla Lega, a Fratelli d’Italia e e ciò che è rimasto del Terzo Polo. Come spesso accade in Italia nulla è più definitivo del provvisorio e il “Consultellum” venuto fuori dall’intervento chirurgico operato dalla Corte costituzionale al momento è già legge e conviene a molti.

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