Contrordine compagni! Il “fascista” è Grillo e non il Cavaliere. Parola di Lucia Annunziata

31 Gen 2014 18:35 - di Mario Landolfi

“Macché partigiani, semmai fascisti”. Ha pochi dubbi, Lucia Annunciata, nel distribuire dal suo Huffington Post patentini di storia patria ai baldanzosi giovanottoni grillini. Un sicumera che va probabilmente ascritta all’effetto postumo dei residui fumi ideologici che in gioventù le annebbiarono la vista impedendole di scorgere le “meraviglie” del comunismo realizzato e di continuare a credere in uno tutto ideale. Anche a lei, come a tanti della “meglio gioventù”.

Peccato, dall’autrice di “1977, L’ultima foto di famiglia” – bel libro sugli “anni di piombo”, dove impegno politico e memoria privata si intrecciano sullo sfondo di un’Italia che cominciava a fare i conti con la frammentazione politica – era lecito attendersi un’equiparazione meno datata e scontata. Evidentemente, lo scorrere del tempo non ha cancellato antichi riflessi condizionati e se ieri dare del “fascista” all’avversario era molto trendy e vieppiù conveniente, oggi è un comodo rifugio, reso ancor più rassicurante dal vecchio mobilio della nonna.

Peccato. Peccato, perché era invece lecito attendersi dalla “direttora” un approccio un tantino più contemporaneo ancorché politicamente e generazionalmente più autobiografico alle scorribande grilline nei corridoi di Montecitorio. E lasciamo stare fascisti e partigiani: dietro Mussolini c’era un milieu di “trincerocrazia”, vittoria mutilata, dannunzianesimo, sindacalismo rivoluzionario, futurismo, c’era l’anticonformismo dei conservatori “apoti” raccolti intorno alla “Voce” di Papini e Prezzolini. Così come dietro la Resistenza insistevano motivazioni ideali nobilissime ed ispirazioni improntate ad autentico patriottismo. Ma quella era storia. Che ha infiammato generazioni di italiani dividendoli fino ad arruolarli su barricate opposte in un cruento scontro fratricida la cui onda lunga ha condizionato il dopoguerra fino a far parlare di guerra civile strisciante per tutti gli anni ’70.

Con tutta la buona volontà e per quanto sotto sotto ci tenti gridando: “Italiani!” con i pugni piantati sui fianchi o attraversando lo stretto di Messina con pinne ed occhiali, Grillo non è il Duce ed il grillismo non è il “soviet più l’elettrificazione” ma molto più modestamente il risentimento esistenziale più il social network. Basterebbero queste banali considerazioni per convincersi che mai l’ex-comico riuscirebbe a marciare su Roma, men che meno ad assaltare il Palazzo d’Inverno.

Ma, forse, il riflesso condizionato è un altro, un altro l’obiettivo: proteggere la sinistra tradizionale, parlamentare e costituzionale dalla concorrenza politica ed elettorale dei “Cinquestelle”, prima corteggiati e blanditi, poi “derubricati” alla voce “compagni che sbagliano” ed infine – ad accordo con Berlusconi incassato – sbrigativamente conficcati nella nicchia del “fascista” fino a ieri occupata proprio dalla sagoma del Cavaliere, oggi alleato.

A sinistra niente di nuovo, verrebbe da dire. Aveva proprio ragione il vecchio Marx a sostenere che la storia la prima volta è tragedia, la seconda è farsa. Dispiace e stupisce che a renderlo oggi particolarmente vero contribuisca anche Lucia Annunziata.

 

 

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