Lo “scandalo” del tweet sui nomadi serve solo a un deputato del Pd in cerca di gloria

28 Dic 2013 18:19 - di Franco Bianchini

I titoli dei giornali on line descrivevano la vicenda come uno scandalo senza precedenti, di dimensioni gigantesche, capace di oltrepassare i confini italiani e fare il giro del mondo: “Un tweet della Questura di Roma offende i nomadi”. Gravissimo, sconvolgente, inaudito. La sinistra già urlava al pericolo razzista e con un deputato del Pd (in cerca di gloria e notorietà) passava ai fatti attraverso un’interrogazione parlamentare, chiedendo punizioni esemplari, magari costringendo il “reo” a passare sotto le nuove Forche Caudine. La stessa Questura precisava che erano immediatamente partiti gli accertamenti per capire l’autore o l’autrice del misfatto (molto probabile si tratti di una donna). E ora tutti confermano che il colpevole sarà severamente punito. Ma cosa c’era scritto di tanto offensivo nel famoso tweet dello scandalo? Si trattava di un messaggio privato: «Ho sistemato lo sgabuzzino, m’è sembrato lo sgombero di un campo nomadi», per dire – in sostanza – che nella stanza c’era molto caos e roba gettata lì una sull’altra. E questo sarebbe un insulto. Probabilmente il deputato del Pd (quello, per intenderci, in cerca di gloria e di notorietà) non ha mai visto un campo nomadi, neppure da lontano. Non è una novità, infatti, che i campi siano pieni di montagne di rifiuti e di materiale di ogni tipo, negarlo significa non guardare in faccia alla realtà e ignorare persino le proteste di chi vi è costretto a vivere. Ma tutto fa brodo, tutto serve per creare lo scandalo, per parlare di xenofobia, di razzismo e quant’altro. A nulla è servita la puntualizzazione della Questura: «Un operatore addetto al sistema ha impropriamente pubblicato un “post” privato sulla pagina istituzionale di facebook». Ma c’era da aspettarselo.

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