Flop di ascolti per il reality sui vip che aiutano i profughi: a difendere “Mission” resta solo il direttore di Raiuno
Non sono bastate le centomila firme raccolte contro la messa in onda della trasmissione, non sono bastate le proteste di tutte le forze politiche, né basteranno gli ascolti deludenti della prima puntata (poco più di due milioni di telespettatori, 8% di share, per un programma in prima serata su Raiuno è un vero flop). Il reality Mission non verrà cancellato dal palinsesto. Anche giovedì 12 dicembre i telespettatori dovranno sorbirsi alcuni personaggi famosi (tra loro Paola Barale, Albano, Francesco Pannofino, Candida Morvillo, il principe Emanuele Filiberto di Savoia) spediti nei campi profughi del terzo mondo. Il direttore di Rai1, Giancarlo Leone, difende la scelta contro tutto e contro tutti: «Ritengo che portare a un numero così elevato di spettatori temi come quelli dei rifugiati in Giordania e Mali per la prima volta in una prima serata Rai sia la vera scommessa vincente. Così come è successo per la raccolta fondi che ha visto oltre 75mila persone compiere donazioni da 2-5-10 euro che equivalgono in una sola puntata al triplo delle donazioni effettuate durante tutta la campagna settimanale Rai per la raccolta fondi».
Si dicono contrari tutti i partiti in Commissione di vigilanza Rai, che hanno chiesto chiarimenti sui compensi per i vip che partecipano alla trasmissione, e non gradiscono l’iniziativa neanche le associazioni di volontariato. Particolarmente illuminante il commento di Eugenio Melandri, dirigente del Cipsi (coordinamento di 37 ong e associazioni di cooperazione internazionale), direttore della rivista Solidarietà internazionale e presidente di Chiama L’Africa. «Mission è un grande marchettone natalizio, dove l’unico scopo è raccogliere fondi. Una vera e propria televisione della miseria che ruba dignità ai profughi e agli sfollati e distrae l’attenzione dalle nostre responsabilità». Melandri chiede: «Dov’è finito il servizio pubblico? La Rai ha un inviato in Africa e non trasmette mai notizie da quel continente. Il sospetto è proprio questo: che non si voglia fare vera informazione e si voglia così imbonire un pubblico, ad arte ritenuto non adatto a questo genere di tragedie. Siamo cittadini italiani, paghiamo il canone radio televisivo e vorremmo che fosse rispettato il nostro diritto ad una informazione corretta e rispettosa dei più poveri. Che non hanno bisogno della faccia di Albano, della Barale o del principino di Savoia per far sentire la loro voce. Giovedì 12 – consiglia Melandri – quando ci sarà la prossima puntata, forse è meglio per tutti noi cambiare canale».