Di Pietro prende schiaffi anche in Cassazione: gli va male la denuncia all’ex compagno di partito Tranfaglia
Ormai prende botte dappertutto, persino dai suoi fratelli maggiori. Per Di Pietro sono tempi duri, gli è andata male anche la denuncia per tentata estorsione e diffamazione nei confronti dello storico Nicola Tranfaglia: la Cassazione ha infatti dichiarato «inammissibile» il ricorso dell’ex pm di Mani Pulite contro l’archiviazione della sua querela decisa dal gup di Roma lo scorso 10 maggio. La vicenda risale al marzo del 2011 quando Tranfaglia, che per l’Italia del valori era il responsabile della Cultura, decise di abbandonare il partito fondato da Di Pietro denunciandone il familismo e parlando di gestione clientelare. In seguito al dissidio, Di Pietro ricorse alle vie legali sostenendo che il comportamento di Tranfaglia era diffamatorio e si poteva configurare anche un tentativo di estorsione in quanto lo storico avrebbe preteso un compenso per lo svolgimento del suo incarico. Ma il Gup della Capitale archiviò la querelle con la formula «perché il fatto non sussiste» e «non costituisce reato». La decisione della Suprema Corte è stata presa in camera di consiglio dalla Seconda sezione penale che ha anche condannato Di Pietro al pagamento delle spese processuali.