Cesareo forzato per un’italiana in Inghilterra: le portano via la neonata che ora rischia anche l’adozione

2 Dic 2013 10:30 - di Bianca Conte

Una neonata strappata, letteralmente, dal grembo materno. La vicenda ha dell’incredibile, eppure è un fatto di violenza inaudita realmente accaduto quindici mesi fa in Inghilterra a una mamma italiana, anche se rimbalzato agli orrori della cronaca solo in queste ore, rivelato dal quotidiano locale Sunday Telegraph. Secondo una prima, drammatica ricostruzione dei fatti, circa un anno e mezzo fa la donna – di cui la magistratura britannica ha avuto almeno il decoro di non rivelare l’identità a tutela del diritto alla privacy – si trovava nel Regno Unito di passaggio per motivi di lavoro: stava partecipando ad un corso di formazione della compagnia aerea “Ryanair” presso l’aeroporto londinese di Stansted. Alloggiava in un albergo adiacente allo scalo, e un maledetto pomeriggio, non si sa se uno sbaglio nel dosaggio di farmaci che la donna prendeva abitualmente a causa di un disturbo depressivo (i media locali inglesi parlano di sindrome bipolare), o la loro mancata assunzione, sembra abbia scatenato reazioni eccessive, fino a quel momento tenute sotto controllo. Avvertite le autorità locali, è cominciata a quel punto la scioccante escalation di assurdità e arbitrio ingiustificabili, che neppure la sceneggiatura di un thriller fantascientifico avrebbe potuto ideare: è da questo momento in poi, infatti, che il racconto si fa inquietante, lasciando intendere che la donna non fosse consapevole di quanto le stesse accadendo e di quanto, peggio ancora, avrebbe subìto, a detta delle autorità locali, «per il bene della bambina e nell’interesse della madre». Trattenuta in un reparto psichiatrico, e avvicinatosi il momento del parto, i medici, su ordine della magistratura, hanno deciso di sottoporre la donna a sedazione. Le hanno praticato un parto cesareo, e le hanno quindi tolto la neonata, affidandola ai servizi sociali britannici, che hanno iniziato (ma non ancora concluso) le pratiche per farla adottare a una famiglia inglese, con la motivazione del timore di una ricaduta che, secondo le prime ricostruzioni fornite dal Telegraph, avrebbe convinto le autorità locali a confermare la surreale decisione, scartando aprioristicamente anche la possibilità di affidare la piccola alla sorella dell’ex marito americano della sventurata mamma. La quale, rilasciata e rientrata in Italia, si è rivolta alla giustizia per riavere indietro la figlia, finora senza successo. La protagonista, o meglio la vittima dell’episodio, efferato sia dal punto di vista psicologico che morale, e che di ora in ora, ad ogni nuovo particolare che si aggiunge al mosaico della brutalità perpetrata a colpi di carte bollate e inaccettabili sentenze, accresce l’immagine dell’orrore a cui rimanda, è dunque oggi al centro di un conflitto giudiziario, e forse anche diplomatico tra Italia e Gran Bretagna: la donna, infatti, che ha affidato alle autorità italiane la gestione del delicato caso, è a tutti gli effetti una cittadina italiana «abitualmente residente» nel nostro paese. Come è possibile che la sua vita sia finita allora in pasto ai servizi sociali del Regno Unito? Un interrogativo inquietante, a detta dello stesso quotidiano britannico che ieri ne ha rivelato retroscena e particolari, e che per ora evidenzia solo che la giustizia britannica si è comportata fin qui in modo «altamente insolito».

 

 

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