In vendita la villa palladiana simbolo di Vicenza. Ma il sindaco Pd rinuncia all’acquisto

15 Nov 2013 13:09 - di Guido Liberati

Come vendere il Colosseo a Roma o il Duomo a Milano. Accade a Vicenza, dove Villa Capra, detta la Rotonda simbolo indiscutibile della città veneta e di Palladio nel mondo, finisce sul mercato. I proprietari, i conti di Valmarana, hanno sperato inutilmente nell’amministrazione comunale, che aveva un diritto di prelazione sull’acquisto. Ma la giunta di centrosinistra guidata dal renziano Achille Variati, ha già detto no.  Per il monumento riconosciuto tra i patrimoni  dell’Unesco il Comune di Vicenza non ha alcuna intenzione di sborsare un solo euro. Ad annunciare la riuncia all’acquisto l’assessore alle risorse economiche Michela Cavalieri. «Nel bilancio corrente – ha spiegato – non vi è attualmente la disponibilità di 1.707.800 euro, prezzo fissato per l’eventuale acquisizione, e trovandoci a fine anno sarebbe enormemente complesso effettuare variazioni di bilancio in grado di recuperare tale somma. Non si tratterebbe, inoltre, di acquistare l’intera villa, ma solo un terzo della proprietà».

«Forse mai l’arte architettonica ha raggiunto un tal grado di magnificenza», ha scritto Goethe della Rotonda, che con oltre cinquantamila visitatori l’anno è uno dei monumenti più visitati della Regione. Il monumento è di proprietà della famiglia Valmarana da più di un secolo ed è stato sempre curato con scrupolo maniacale dai suoi proprietari che hanno rifiutato finora offerte importanti di acquisto. Una cura che si protrae di generazione in generazione. «Mia nonna – ha spiegato il conte Ludovico di Valmarana in un’intervista del 2008 al Gazzettino – mi raccontava che durante la seconda guerra mondiale i tedeschi l’avevano occupata, ma con rispetto e deferenza. Così non era stato con i francesi che l’avevano trasformata con poca attenzione in un ospedale». Nel 1979, la villa è stata anche il set del film Don Giovanni del regista americano Joseph Losey. «La troupe di Losey è rimasta qui tre mesi. Ero stato molto preciso sui danni: ogni piccolo graffio mi doveva essere risarcito. Non sono riuscito a chiedere più di un milione di lire, si muovevano come fossero in una cristalleria. La villa incute soggezione». A tutti tranne che alla giunta Variati.

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