Giustizia-choc, l’urlo di una donna: «Voleva uccidermi, è ancora a piede libero»

20 Nov 2013 15:50 - di Gabriele Farro

Ha atteso 3 anni, 7 mesi e 22 giorni per vedere condannato per tentato omicidio l’uomo che diceva di amarla. Lucia Panigalli, 54 anni, ferrarese aggredita il 16 marzo 2010, sotto casa e al buio da quell’uomo armato di coltello, che la colpì alla gola e al viso, l’ha raccontato in una lettera pubblicata su la “Nuova Ferrara”. Una lettera sofferta, un vero urlo contro una Giustizia-choc, che continua a fare acqua da tutte le parti. Il suo legale ha citato lo scritto ai giudici della Corte d’appello di Bologna, che hanno condannato l’uomo – Mauro Fabbri, 52enne ferrarese – a 8 anni e 4 mesi (in abbreviato, sconto di un terzo). Tuttavia è ancora a piede libero, da qui lo sdegno della donna. Questa è la conclusione di un iter giudiziario che aveva visto il caso finire già in Cassazione, ma poi bocciato perché altri giudici di secondo grado interpretarono il reato come lesioni gravi, con una pena di 4 anni e mezzo appena. Cosa giudicata ai tempi da Lucia una beffa. «Sono passati più di 3 anni – scrive nella lettera Luisa – ma ancora non mi spiego cosa può essere passato per la mente di un uomo, che diceva di amarmi, e invece ha provato a uccidermi nel modo più spietato e crudele». E si chiede: «Ma cosa si deve commettere in questo paese per andare in galera? Non basta accoltellare una donna, alla cieca e al viso nel cuore della notte? Solo per il destino o il semplice caso non mi ha colpito in pieno occhio e raggiunto con la lama il cervello. Non basta sferrare calci in piena faccia frantumandole zigomi, setto nasale e causando vari ematomi cronici con grossi scarponi da lavoro? Possibile che si vada in prigione solo non pagando le tasse?».La sfiducia nei confronti dell’operato di certe toghe aumenta. E non è certo frutto del caso o di campagne di fango.

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