È giallo sulle dimissioni dei sottosegretari azzurri. La parola d’ordine è “aspettare”
Si dimettono o no? È ancora giallo sul destino dei sottosegretari in quota Forza Italia ormai all’opposizione del governo di larghe intese. Se non lo fanno – è il ragionamento di Dario Franceschini – il premier Letta dovrà togliere loro le deleghe. Certo è che non si può sedere contemporaneamente sui banchi dell’opposizione decisa dagli azzurri alla vigilia della decadenza del Cav e insieme mantenere l’ufficio al ministero. Angelino Alfano, che pure ha chiesto ai suoi di non infiammare i toni nei confronti degli ex colleghi di partito, li punzecchia: finora non mi risulta che nessuno si sia dimesso. Sono sei, alcuni più noti altri meno, i viceministri che devono scegliere: Jole Santelli al Lavoro, Cosimo Ferri alla Giustizia, Rocco Girlanda alle Infrastrutture, Bruno Archi agli Esteri, Walter Ferrazza alle Regioni e Gianfranco Miccichè alla Semplificazione. Quest’ultimo è l’unico che si è dimesso finora, mentre Jole Santelli avrebbe consegnato le dimissioni a Berlusconi. «La mia attività sta continuando, come da incarico ricevuto dal Consiglio dei ministri, ma, avendo aderito a Forza Italia così come hanno fatto individualmente tutti i membri degli organi direttivi del Mir, ho già consegnato le mie dimissioni rimettendole nelle mani del presidente Berlusconi», rende noto Walter Ferrazza.
I più maliziosi fanno sapere che la parola d’ordine a via del Plebiscito è quella di aspettare. Girlanda, invece, ha risolto il problema aderendo al Nuovo centrodestra di Alfano. Il vice della Cancellieri, Ferri, non intende mollare, è arrivato al ministero come tecnico e quindi punta a separare il suo destino da quello di Forza Italia. Non è solo la coerenza a spingere perché facciano le valigie c’è anche il manipolo degli eventuali subentranti, di quanti sperano dalle file del Pd di sostituire i sottosegretari berlusconiani.