Dopo il tifone nelle Filippine è emergenza umanitaria: diecimila morti e un milione di sfollati
Oltre diecimila vittime, ventimila famiglie nei rifugi, pari a un milione di persone senza casa: è questo il bilancio provvisorio del tifone Hayan, che si è abbattuto sulle Filippine, annoverato come categoria 5 e considerato dagli esperti il più violento degli ultimi cinquant’anni. La cifra di 10 mila vittime «solo nell’isola di Leyte» è stata fornita dal capo della polizia Elmer Soria, e anche la Croce rossa filippina ammette che le vittime saranno migliaia. Sono stime di massima, data la difficoltà nel muoversi su un territorio letteralmente raso al suolo. E dopo il cataclisma è scatta la macchina degli aiuti internazionali. Nel caldo tropicale e con la consapevolezza che ci vorranno giorni per recuperare tutti i cadaveri sotto le macerie, c’è timore anche per il diffondersi di malattie. Le linee telefoniche sono ancora fuori uso; molti superstiti non sono ancora riusciti a far sapere ai parenti di essere vivi, e pregano le tv di riprendere i loro messaggi. Mentre vaste aree agricole rimangono allagate, a Tablocan vengono inoltre già segnalati atti di sciacallaggio delle poche strutture rimaste in piedi, in alcuni casi a opera di uomini armati: il presidente Benigno Aquino ha inviato 500 militari in più proprio per vigilare sull’anarchia imperante, e sta considerando di proclamare la legge marziale. Le autorità, che avevano provveduto a evacuare 700 mila persone alla vigilia, sembrano ora sopraffatte dalla scala della distruzione. Con l’aeroporto messo ko dalle onde e le strade intasate da alberi e pali della luce divelti, gli aiuti faticano ad arrivare a destinazione e in alcuni casi i convogli sono stati assaliti e depredati da bande di “gangster”, come li ha definiti il segretario della Croce Rossa nazionale. Secondo l’Onu, gli sfollati sono 620 mila, di cui 180 mila al di fuori dei centri per evacuati.
Immediata la risposta della Comunità internazionale, con l’Ue che ha stanziato 3 milioni di euro, la Gran Bretagna oltre 7, mentre gli Usa hanno messo a disposizione navi, elicotteri e mezzi di soccorso. La Presidenza della Cei ha stanziato dtre milioni di euro dai fondi derivanti dall’otto per mille, da destinarsi alla prima emergenza. Il direttore di Caritas Italiana, don Francesco Soddu sottolinea «l’importanza di un aiuto concreto e immediato». Sono oltre 150.000 i filippini che vivono e lavorano in Italia, la maggioranza dei quali cattolici. Roma e Milano, rispettivamente con 34.000 e 35.000 filippini, sono le città con le comunità filippine più numerose. «Le comunità filippine in Italia sono tutte in allarme. Siamo abituati alle catastrofi nel nostro territorio, ma questo è troppo». A parlare è Charito Basa, vicepresidente del Filipino Women’s Council, che ha lanciato una raccolta fondi per le donne e i bambini sopravvissuti nelle zone più colpite dal tifone. Sempre dalla Capitale, monsignor Jerry Bitoon (coordinatore dell’Enfid, European Network of Filipino Diaspor) annuncia un’altra iniziativa di solidarietà: «Abbiamo deciso di raccogliere fondi sia per un aiuto immediato per l’ospedale di Tacloban, sia più a lungo termine per il villaggio Clarin, già devastato tre settimane fa da un terremoto, dove vorremmo costruire delle scuole. Ogni comunità penserà a come farlo». Nelle ultime ore il tifone Hayan, indebolitosi progressivamente attraversando il Mar cinese meridionale, ha cambiato traiettoria puntando solo al nord del Vietnam e risparmiando le province centrali che inizialmente si consideravano sotto tiro. Le 650 mila persone evacuate sono già rientrate nelle proprie case, scrive la stampa statale. Nonostante l’indebolimento, Haiyan rischia comunque di causare allagamenti e smottamenti specie nelle aree rurali.