Anche la Procura si appella contro la sentenza Cucchi. Disposto un risarcimento di un milione e 300mila euro

2 Nov 2013 14:27 - di Redazione

Anche la Procura generale, in aggiunta ai Pm, ha proposto appello contro la sentenza con la quale il 5 giugno scorso la Corte d’Assise di Roma ha condannato per omicidio colposo (e non per abbandono d’incapace come chiesto dall’accusa) 5 dei 6 medici imputati (un sesto è stato condannato per falso ideologico), mandando assolti 3 infermieri e 3 agenti della penitenziaria, nel processo per la morte di Stefano Cucchi, deceduto quattro anni fa durante il ricovero in ospedale una settimana dopo il suo arresto per droga. Nell’appello viene contestata la decisione della Corte d’assise di concedere a gli imputati condannati le attenuanti generiche («Tali statuizioni sono state fatte in violazione di legge», si legge), concludendo con la richiesta «di dichiarare la penale responsabilità degli imputati, applicando le pene che saranno chieste dal rappresentante del pubblico ministero in udienza».

Oggi è stata resa pubblica anche la cifra pattuita tra l’ospedale Pertini e la famiglia Cucchi per il risarcimento del danno conseguente alla morte di Stefano. Sarà di un milione e 340mila euro. L’intesa ospedale-famiglia porterà una conseguenza importante nel processo d’appello che sarà fissato nei primi mesi del prossimo anno: la famiglia Cucchi (padre, madre, sorella e nipoti di Stefano), infatti, non sarà presente come parte civile nei confronti di medici (gli unici condannati, cinque su sei per omicidio colposo) e infermieri, mentre contesterà la sentenza di assoluzione emessa nei confronti degli agenti della polizia penitenziaria. «Il risarcimento è limitato esclusivamente alla responsabilità sanitaria. L’obiettivo della famiglia è quello di avere giustizia non a metà, ma a 360 gradi. Per questo, andremo in appello anche e soprattutto sulla posizione degli agenti per i quali con soddisfazione la Procura generale ha chiesto alla Corte d’assise d’appello un giudizio completo e non limitato». È il commento di Fabio Anselmo, legale della famiglia Cucchi.

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