Altri due gravi episodi di violenza che coinvolgono i rom. Di chi è la colpa?

13 Nov 2013 18:08 - di Francesco Signoretta

È allarme rosso. Due gravi vicende in poche ore. Una nomade di 25 anni, bulgara, nella stazione della metropolitana di Ponte Mammolo a Roma, è accusata di aver tentato di strappare un bambino di otto mesi alla madre: e a Vigevano i carabinieri hanno liberato una diciottenne rom sequestrata da cinque romeni.  Episodi che si sommano a tanti altri che si sono verificati nelle scorse settimane, tra furti, risse e aggressioni. Nonostante la cautela dei giornali, la tensione torna a salire e in molti si rafforza la convinzione che il buonismo stia producendo l’effetto contrario, e cioè l’acuirsi delle azioni delinquenziali. Dito puntato contro chi, come Ignazio Marino, ha fatto campagna elettorale nei campi nomadi o come la Kyenge che è andata in visita sempre nei campi nomadi, parlando di tutto tranne che della necessità di rispettare le leggi. L’integrazione è una parola vuota se non viene associata ad altri elementi fondamentali. La notizia del tentato sequestro nella metropolitana è stata rilanciata dal Tg5 che ha rotto il silenzio: la rom, che secondo le accuse della madre del piccolo ha cercato di tirare a sé il figlio, è stata bloccata da due ragazzine e poi arrestata dalle guardie dell’Italpol. Il bambino questa volta se l’è cavata con il solo spavento ed è tornato nelle braccia della madre in pochi minuti, ma il fatto che disavventure del genere nel nostro Paese possono essere vissute è significativo. Di certe cose non si può nemmeno parlare, pena l’accusa di “razzismo” che viene dispensata a tutto e a tutti non appena ci si avventura a richiamare l’attenzione sulla vita nei campi nomadi, sulle usanze degli zingari, sui bambini usati per l’accattonaggio, sui problemi dei quartieri dove questi campi sono inseriti. Siamo quasi all’intolleranza alla rovescia con gli italiani che quasi vengono chiamati da media compiacenti a giustificarsi per le discriminazioni a carico degli immigrati, mentre si sottolinea che metà dei bimbi rom lascia la scuola dopo le elementari. Assolti i genitori, che li sottraggono alla scuola dell’obbligo perché li usano per l’accattonaggio, viene messo sotto accusa il sistema scolastico italiano, definito «troppo burocratico e troppo selettivo». In realtà sono gli usi e i costumi di queste popolazioni che ne impediscono l’integrazione. Basti guardare a quanto è successo a Vigevano, in provincia di Pavia, dove i carabinieri hanno liberato una diciottenne rom sequestrata da cinque romeni con l’intenzione di obbligarla a sposare uno di loro. I cinque hanno portato la ragazza in un appartamento di un quartiere popolare di Pavia, ma non sono riusciti a realizzare il loro intento perché sono stati  intercettati dai carabinieri che hanno liberato la ragazza e arrestato i rapitori. Ma storie come questa, all’interno dei campi rom e nei rapporti tra di essi, sono casi tutt’altro che isolati. Però spesso non arrivano all’attenzione dei media, in nome del “politicamente corretto”.

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