Vietti striglia le toghe: «Basta con le invasioni di campo e con il protagonismo di certi pm»

26 Ott 2013 16:38 - di Guido Liberati

Basta «invasioni di campo» da parte dei magistrati, che «portano con sé il rischio di una generalizzata delegittimazione» dell’ordine giudiziario. Arriva dal vice presidente del Csm Michele Vietti, la dura strigliata alle toghe politicizzate. Al congresso dell’Anm Michele Vietti ha invitato le toghe a «evitare la tentazione di sostituirsi alla legge» e a «sottrarsi alla logica del conflitto». Nella relazione al trentunesimo congresso dell’Associazione nazionale magistrati in svolgimento a Roma, Vietti ha bacchettato le toghe: «Qualcuno nella magistratura ha pensato che si potesse giustificare tutto, dall’uso soggettivistico del diritto, allo sfruttamento strumentale della gogna mediatica come punizione succedanea rispetto al processo, al “carrierismo da indagine” e all’eccesso di protagonismo di alcuni pubblici ministeri, lontanissimo dalla loro qualità di magistrati, che finisce per portare acqua al mulino della separazione delle carriere».

«Tutto ciò – prosegue la relazione del vice presidente del Csm – con conseguente perdita di credibilità e di fiducia da parte dei cittadini che, se pur sanno distinguere i ruoli dei giocatori, di fronte alla violazione delle regole del gioco rischiano di perdere fiducia in entrambe le istituzioni». Vietti ha chiesto quindi di evitare ai magistrati «la tentazione di sostituirci alla legge, padrone assente; anche recenti eventi di cronaca ci insegnano che nessun magistrato possiede gli strumenti per surrogare il legislatore nelle scelte di valore che solo a quest’ultimo competono e il mercato nelle sue dinamiche». Il vicepresidente dell’Anm ha ribadito le stelle polari del magistrato: «Il silenzio, la neutralità, la compostezza e la continenza dovrebbero essere i fari che illuminano questo faticoso cammino di riappropriazione di un’identità». E ancora, il magistrato deve essere «capace di autolimitarsi: di non frequentare, di non dire, di astenersi, di rinunciare. È la forza di chi sa autocontenersi nel proprio ruolo e si fa così autorevole e credibile». Passando dalla diagnosi alla possibile terapia, secondo Vietti «occorre una sincera autocritica da parte di tutti. La politica abbandoni gli atteggiamenti vittimistici e faccia il proprio mestiere: la legge. Se ritiene che il quadro normativo vigente, entro cui i magistrati si muovono, non corrisponda alle esigenze collettive, lo modifichi».

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