Tibet, nuovi disordini: la polizia cinese spara sulla folla, quattro morti e 50 feriti
Non si ferma la repressione cinese in Tibet, regione autonoma della Cina popolare. Quattro tibetani sono stati uccisi e altri cinquanta feriti da agenti di sicurezza cinesi martedì scorso nella contea di Driru , nella prefettura di Nagchu nel Tibet, la stessa area da settimane al centro di proteste. Lo rendono noto oggi i siti della galassia dell’opposizione tibetana. La notizia delle uccisioni, le prime in questa nuova ondata di proteste, è stata diffusa solo poche ore fa. In una manifestazione simile, domenica scorsa nella stessa area, la repressione aveva causato il ferimento di 60 persone, sempre a causa dei colpi esplosi dalle forze di sicurezza cinesi. Le vittime si registrano nella città di Sengthang e, secondo le informazioni delle Ong che si battono per i diritti dei tibetani, molti sarebbero stati arrestati. Il mese scorso, in vista delle festività nazionali, il 1° ottobre, le autorità cinesi hanno obbligato i locali a issare la bandiera cinese. Il rifiuto dei tibetani ha scatenato prima le manifestazioni e poi la repressione da parte della polizia cinese. ome è noto, il Tibet è una regione dell’Asia occupata dal 1950 dai ciensi, che ne hanno fatto una zona autonoma sempre soggetta però al governo centrale di Pechino. Negli ultimi tempi il giro di vite comunista si è inasprito: è sempre più difficile per i tibetani entrare o uscire dal loro Paese, molti monaci si sono immolati negli ultimi mesi contro la repressione soprattutto religiosa, che negli ultimi anni si è estrinsecata con la distruzione di moltissimi edifici di culto buddista e di statue e monumenti del culto tibetano.