Morto il boss che fece uccidere l’eroe anticamorra Siani. E ora che si fa con funerali e sepoltura?

21 Ott 2013 13:33 - di Antonella Ambrosioni

Angelo Nuvoletta, boss della camorra tra i più efferati, mandante dell’omicidio del giornalista del Mattino Giancarlo Siani e per questo condannato all’ergastolo, è morto domenica nell’ospedale di Parma, dove era ricoverato. Nuvoletta, 71 anni, capo della camorra a Marano,arrestato nel maggio 2001 dopo 17 anni di latitanza, era detenuto in regime di 41 bis nel carcere di Spoleto e poi in ospedale nella città emiliana. Siani aveva appena compiuto 26 anni il 23 settembre del 1985, quando fu eseguita la sua “condanna a morte” a Napoli: era un giornalista determinato a indagare sui crimini della camorra. Per questo era diventato ben presto scomodo per i Nuvoletta e per chi navigava nelle acque torbide del crimine organizzato. Siani è un simbolo per Napoli, una figura cara alla Campania e gli italiani onesti, così come Falcone e Borselino lo sono per la Sicilia. Se n’è andato, dunque, un seminatore di morte un Angelo “stermiatore”, a dispetto del nome che portava. Tra gli  omicidi contestatigli, vi sono quelli di cinque affiliati del clan Alfieri, strangolati e poi sciolti nell’acido, oltre a traffico di stupefacenti, estorsione, possesso di armi , controllo degli appalti pubblici: il male incarnatosi in un uomo che lascia ferite profonde, non rimarginabili.

A questo punto è lecito chiedersi se sia giusto celebrare il funerale di un uomo così e come evitare che si trasformi in tributo da parte di quegli ambienti che lo hanno venerato? Il caso Priebke è troppo recente per non far scattare una serie di quesiti che oscillano dalla pietas cristiana alla condanna più assoluta, anche oltre la morte. È lecito anche per Nuvoletta interrogarsi sul luogo della sepoltura di un criminale conclamato? Una sepoltura a Napoli, teatro della sua azione criminale, che sapore avrebbe per la sensibilità della città e dei suoi abitanti? Difficile, delicatissimo esprimersi in termini di morale cristiana e di sensibilità collettiva. Per il boia delle fosse Ardeatine i calci alla bara, le reazioni e gli imbarazzi sulla sua sepoltura non hanno lasciato adito a dubbi: la pietas in casi di conclamata spietatezza, cede il passo. La vicenda Priebke ha aperto un varco con tutta una serie di considerazioni: è lecito riproporle anche per chi ha sciolto gente nell’acido? Probabilmente questi dubbi un senso ce l’hanno. Emerge soprattutto dalla rete in queste ore un dolore antico da parte di persone, giornalisti, professionisti, un’umanità dolente, abitutata a convivere con la “filosofia” criminale. «Mi piacerebbe vedere preti rifiutarsi di celebrare il funerale di Nuvoletta, mi piacerebbe che la gente si opponesse alla sua sepoltura nella sua terra che lui ha disonorato. Mi piacerebbero che per commemorarlo fossero ricordati il male, i morti, Siani, gli attentati, la colonizzazione economica criminale», scrive qualcuno sul web. L’unico desiderio che si può azzardare è che il funerale di Nuvoletta non si trasformi in un disgustoso show per i suoi “amici” e che la sua tomba non diventi un luogo di pellegrinaggio per affiliati e affini. Ovunque essa sia. Ma meglio sarebbe, anche in questo caso come per Priebke, un luogo anonimo, sconosciuto, che non ferisca nessuno. Sarebbe giusto cosi?

 

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