Gianni Vattimo dai No Tav a Bin Laden: ora farnetica contro lo Stato di Israele
Dal pensiero debole alle tesi ignobili. L’esimio professor Gianni Vattimo, ora europarlamentare dell’Idv, è in evidente crisi di astinenza da riflettori. Così, per far parlare di sé, straparla tristemente. L’ultima sparata, venuta dai microfoni della Zanzara su Radio 24, riguarda Israele ed è degna di Bin Laden e Ahmadinejad. «Non voglio che ci sia uno Stato confessionale e razzista come Israele». È tale la foga antisionista del filosofo dei No Tav (è questa la sua deriva senile, dopo essere stato a lungo un apprezzato opinion maker dell’illuminata borghesia torinese) da condire il suo fanatismo con il peggior repertorio antisemita: «Non nego l’Olocausto, ma sono scandalizzato dell’uso spregiudicato che ne fa lo Stato d’Israele».
Vattimo non è nuovo alle esplosioni di incontinenza verbale. Basterà dire quello che nel gennaio del 2009 affermò, in una intervista al Corriere della Sera, sempre riguardo ad Israele: «Bisogna procurarsi missili più efficaci dei Qassam (quelli che utilizza Hamas n.d.r.) e portarli laggiù». Insieme con quell’altro genio di Erri De Luca, il filosofo pensierodebolista forma la coppia d’attacco intellettuale dei No Tav e dei centro sociali. Sempre alla Zanzara, Vattimo fa l’elogio dei guerriglieri urbani che tirano sassi e altri corpi contundenti contro la polizia. «Io non tiro nulla perchè mi fa male un braccio, ma si può capire se uno tira un sasso durante una manifestazione per rispondere a delle cariche coi lacrimogeni». Se è così, l’illustre pensatore potrà «capire» anche quelli che devastano i bancomat in quanto simboli dell’odiato capitalismo, quelli che danno fuoco alle auto durante gli scontri con la polizia, quelli che vanno ai cortei armati fino ai denti con caschi, bastoni, molotov e bombe carta. Una volta, negli incandescenti anni Settanta, c’erano i cattivi maestri che incendiavano le menti dei giovani estremisti. Oggi sono invece i giovani No Tav che danno la carica a certi vecchi processori annoiati che scoprono l’estremismo in tarda età.