Che cosa ne sarà del Pdl? Il sistema politico si ristrutturerà, ma nessuno sa dire come

3 Ott 2013 9:55 - di Gennaro Malgieri

I voti di Berlusconi sono stati considerati “aggiuntivi”. Tabellino alla mano, è proprio così. Letta avrebbe ottenuto la maggioranza anche senza l’apporto in extremis del Cavaliere. Ma, al di là dei numeri, è il dato politico che conta. Da ieri il Pdl  ha perduto la sua connotazione unitaria e, dunque, non è più rilevante dal punto di vista parlamentare. Questa consapevolezza è presente a tutti, a cominciare da Berlusconi il quale sa bene che la navigazione del governo non dipende più da lui. E quando poi sarà fuori dal Senato, la parte pidiellina che gli è rimasta fedele, sia pur con molti mal di pancia (non tutti hanno apprezzato la retromarcia  dell’ultimo momento e si sono defilati al momento del voto), a chi farà riferimento? Davvero qualcuno ritiene che Berlusconi possa fare politica alla stessa maniera di come l’ha fatta fino ad oggi, magari soltanto un filino più discretamente?

Ecco, dunque, che si pone il problema di che cosa ne sarà del Pdl nelle prossime settimane, della rinascente (ma rinascerà?) Forza Italia, del centrodestra più complessivamente e, perché no, della destra stessa  sparpagliata in una miriade di sigle tra le quali è difficile raccapezzarsi.

Mentre Cicchitto e Formigoni, sostenuti da Alfano e dall’ala ministerialista del Pdl, stanno organizzando nuovi gruppi parlamentari, gli altri, i cosiddetti “falchi” che tali non sono più dopo quella che considerano una sconfitta plateale voluta, guarda caso, proprio da Berlusconi, che cosa faranno? Si prenderanno Forza Italia e lasceranno il Pdl ad Alfano che articolerà il partito su due gruppi parlamentari omogenei e molto prossimi al Partito popolare europeo? E’ probabile. Come è probabile che al momento non succeda niente e si voglia restare alla finestra in attesa di ciò che accadrà nel Pd dove sommovimenti vari fanno intendere che non tutti hanno digerito la riconferma di Letta e se la sono dovuta inghiottire come un boccone amaro.

È perfino probabile, ma qui entriamo in un campo che confina con la fantapolitica almeno per ora, che la cordiale intesa tra Letta ed Alfano sia il preludio di un progetto politico assai più ambizioso che squasserebbe il sistema dei partiti più di quanto non sia già squassato, finalizzato alla costruzione di un centro moderato del quale potrebbero far parte dissidenti del Pd di area cattolica o post-democristiana, i fuoriusciti del Pdl quasi tutti ex-giovani militanti della Dc, qualche socialista e naturalmente i centristi di Casini e buona parte dei montiani.

Insomma, dalla scomposizione  del Pdl è altamente probabile che venga fuori un altro quadro politico. Le prove generali, posto che le elezioni politiche si allontanano almeno fino al 2015, potrebbero essere fatte in occasione delle europee della prossima primavera, magari saggiando il terreno con una federazione di soggetti uniti sotto una stessa sigla.

E sulla destra? La confusione sembra più attraente delle prospettive politiche. Si tenta di costruire di giorno e si butta per aria quel poco di notte. Nuove praterie si aprono, ma seppur se ne ha la consapevolezza non ci risulta che la ragione politica operi nel senso di una ricomposizione tale da risultare decisiva ai fini dell’occupazione di un vuoto sul quale, prima o poi, di avventeranno i moderati “deberlusconizzati”. Sempre che non venga fuori qualcuno con un’idea che non assomigli ad un pallottoliere: la politica, infatti, non si fonda sull’aritmetica la quale soccorre soltanto dopo le avvenute elezioni per contare i voti.

La giornata di ieri, a dirla tutta, segna il passaggio dalla Seconda Repubblica a qualcosa che inevitabilmente nascerà. Per il momento nessuno sa dire come sarà, né quando avverrà il nuovo parto.

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