Solo “l’aquila” Berlusconi ci può salvare da falchi e colombe

13 Set 2013 18:02 - di Mario Landolfi

C’è stato un tempo – fino a poco fa – in cui il problema del centrodestra era l’abbondanza di leader o di personalità politiche in grado di diventarlo. Erano gli stessi anni in cui il centrosinistra si contorceva intorno all’ipotesi del “papa straniero” oppure si rintanava nella formula dell’usato sicuro. Ora lo scenario appare del tutto rovesciato, con un Pdl arroccato senza subordinate in difesa del proprio leader mentre, sul versante opposto, il Pd può permettersi il lusso di scegliere tra Renzi e Letta che messi insieme fanno più o meno l’età del Cavaliere.
È chiaro che la leadership del centrodestra ha un tratto di unicità: la provenienza dal mondo dell’impresa, il successo ottenuto in ogni settore, compreso quello sportivo, una carica umana pressoché inesauribile unita a non comune tempra di combattente hanno reso Berlusconi più assimilabile ad un condottiero rinascimentale che ad un “normale” capopartito. Ma è altrettanto chiaro che la forza insita in una leadership così prorompente ha prodotto due effetti che ora si stanno slatentizzando in maniera potenzialmente devastante per il Pdl: da un lato essa ha infatti scoraggiato ogni potenziale successore fino a consigliargli di mettersi in proprio e a cercare l’avventura personale; dall’altra ha annullato qualsiasi forma di vita all’interno del partito che non consistesse nel mettersi a rimorchio della trazione carismatica del capo.
La sinistra ha fornito una risposta più organizzativa che politica alla propria carenza di leadership inventandosi primarie più o meno vere che se non altro, però, sono riuscite a far partecipare gli iscritti, i simpatizzanti, i militanti e a realizzare un meccanismo di codeterminazione nella scelta del numero uno che di solito non fa male a chi lo promuove. Sembrava che anche la destra fosse intenzionata ad adottare lo stesso schema. Se n’é parlato molto. Lo scorso anno fu persino approvato un regolamento, subito relegato nel limbo delle pie intenzioni dalla ferma (e, alla luce dei risultati, azzeccata) volontà del leader di ritornare in campo.
Ora, però, il tema è destinato a riproporsi. Che si voti subito, fra due settimane o fra un mese, il combinato disposto tra le questioni legate alla decadenza da senatore e quelle afferenti al tema dell’incandidabilità sembra fatalmente destinato ad eliminare nel breve periodo Berlusconi dal proscenio istituzionale. Non da quello politico certo, ma è fuori discussione che un Pdl con un leader a mezzo servizio e per di più distratto dalle sue vicende giudiziarie nulla sarà come prima. A cominciare dai sondaggi, probabilmente. Sarà allora che la questione della leadership del centrodestra potrà addirittura di trasformarsi in una vera emergenza politica anche perché Berlusconi non è solo l’istrionico mattatore che fa recuperare consensi ma è soprattuto il mastice che tiene unita la baracca.
Allo stato non è dato sapere se l’atteggiamento di cupa rassegnazione che attanaglia e paralizza il Pdl ne fotografi fedelmente la condizione o se, al contrario, sotto l’unanimismo di facciata qualcosa si muove. Che sia l’una o l’altra ipotesi, nessuna delle due è rassicurante per le sorti del centrodestra. Il primo caso segnala la sindrome del bunker con tutto quel che ne consegue, il secondo prelude al tartufismo politico, anticamera – di solito – delle peggiori fetenzie.
Forse però c’è ancora tempo per salvare il salvabile ed offrire una prospettiva alla più innovativa e potenzialmente strategica forza politica della Seconda Repubblica. Ma occorrono il coraggio e lungimiranza delle aquile più che l’intransigenza inconcludente dei falchi ed il pacifismo interessato delle colombe. Occorre il coraggio di inchinarsi di fronte ad una sentenza controversa, addirittura demolita da un liberale a tutto tondo come Piero Ostellino, dimettendosi un minuto prima del voto dell’aula del Senato ed occorre la lungimiranza di trascendere se stesso con un discorso di commiato dall’assemblea di Palazzo Madama da cui ripartire per rifondare il centrodestra. Una missione che solo Berlusconi può compiere.

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