Qualcuno ricordi a Letta che non basta essere premier: occorre anche apparire tale

23 Set 2013 17:15 - di Mario Landolfi

Qualcuno spieghi a Letta che non basta essere premier, bisogna anche apparire tale. Se continuerà a fare il superiore o il distaccato mentre la capanna del suo governo è assalita quotidianamente dai piromani della sua stessa maggioranza, finirà rosolato a fuoco lento su uno spiedo. Urge un’idea, un’iniziativa, una mossa direbbero a Napoli. Una potrebbe essere quella di anticipare i tempi e presentarsi davanti alle Camere ricordando il poco che é riuscito a fare e illustrando quel che ancora vorrebbe fare se potesse contare sull’apporto convinto di una coalizione tra opposti e tuttavia capace di anteporre l’interesse generale alle pur comprensibili ragioni di bottega. Diversamente non ne esce.
Prova ne sia l’alzata d’ingegno del titolare dell’Economia, Saccomanni. È al governo sulla poltrona che fu di Quintino Sella. Ha una reputazione da difendere. Se la ritiene minacciata dalle incursioni della politica può decidere di dimettersi nei tempi e nelle modalità ritenute più opportune, ma non può alludervi facendole apparire e scomparire come in un gioco di prestigio o minacciarle come un qualsiasi politicante per ottenere solidarietà. Non si può perciò dar torto a Brunetta quando definisce paradossale il fatto che nelle pieghe di un bilancio dello Stato un ministro tecnico non riesca a trovare un paio di miliardi per tenere fede agli impegni assunti dal premier con il Pdl e cioè il congelamento dell’aumento dell’Iva dal 21 al 22 per cento, che segue quello già ottenuto dell’abolizione dell’Imu sulla prima casa. Non hanno però torto Epifani e compagni a temere che un uno-due così favorevole ai berlusconiani finirà fatalmente per trasformarsi in un micidiale ko ai danni di un Pd già anemizzato dall’estenuante tira e molla sulla data e sulle regole del congresso. E a chi, se non a Letta, spetta perciò afferrare il bandolo della matassa e restituire una trama politica al suo governo? Dovrebbe sollecitare uno sforzo di coralità, divenuta merce ormai rarissima dopo le vicende politico-giudiziarie degli ultimi due mesi. Finora, però, non l’ha fatto.
Detto fuori dai denti, il premier dà l’impressione di non avvertire appieno il peso di cui è direttamente investito dall’art.92 della Costituzione in materia di responsabilità e di coordinamento dell’azione di governo. Il problema non è formale, ma politico ed una lezione in tal senso potrebbe presto arrivarci dalla Germania dove la cancelliera Merkel, trionfatrice nei numeri, potrebbe politicamente aver bisogno dei socialdemocratici della Spd per formare l’esecutivo. Dovesse veramente andare così, potete star certi che nessuno dei due partiti vivrebbe la grosse koalition come un cilicio. In politica non esistono penitenze da fare ma opportunità da cogliere e doveri da adempiere. La patria di Machiavelli sembra paradossalmente ignorarlo. Per questo abbiamo un governo quotidianamente maledetto dagli stessi che lo ieri hanno voluto e che oggi lo sorreggono.
Va da sé che una situazione del genere non può durare oltre senza un chiarimento solenne davanti all’unico interlocutore e sovrano, il Parlamento. Se questi ritiene non più esistenti le premesse politiche che solo cinque mesi fa portarono alle “larghe intese”, Letta lascia. In caso contrario, Letta raddoppia. Prima di tutto, però, occorre che Letta batta un colpo.

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