L’Espresso rivela: «Monsignor Paglia è indagato». Ma l’ex prelato della comunità di Sant’Egidio smentisce

26 Set 2013 21:00 - di Redazione

L’ex vescovo di Terni, monsignor Vincenzo Paglia, sarebbe stato iscritto nel registro degli indagati della procura della città umbra. A rivelarlo sul proprio sito è l’Espresso (che ne parla anche nel numero in edicola venerdì) secondo il quale comunque «non si conoscono i motivi» che hanno spinto al provvedimento. Monsignor Paglia ha guidato la diocesi di Terni dal 2000 al giugno 2012. Attualmente è presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia. Contattato dall‘Espresso, monsignor Paglia ha escluso di avere mai ricevuto un avviso di garanzia. I conti della diocesi di Terni sono da tempo all’attenzione di polizia e guardia di finanza dopo che è emerso un buco di circa 20 milioni di euro. Aggravato anche – è emerso da una recente indagine – dall’asta per la vendita del castello di San Girolamo, a Narni. Paglia è stato per molti anni parroco di Santa Maria in Trastevere e assistente spirituale della Comunità di Sant’Egidio fondata dal professor Andrea Riccardi, storico della Chiesa ed ex ministro del governo Monti.

Sulla vicenda gli inquirenti di Terni mantengono un riserbo assoluto. Né il capo della procura Cesare Martellino né il sostituto Elisabetta Massini, che coordina accertamenti legati anche ai conti della diocesi, hanno confermato la notizia. Il nome di monsignor Paglia non compare – secondo quanto si apprende – in alcun atto notificato ai legali delle tre persone già arrestate (e ora ai domiciliari) nell’ambito dell’inchiesta sulla vendita del castello di San Girolamo, a Narni. Si tratta dell’ex direttore dell’ufficio tecnico della diocesi, Luca Galletti, dell’ex economo della stessa curia, Paolo Zappelli, e del dirigente comunale, Antonio Zitti. Tutti e tre erano finiti in carcere il 17 luglio scorso – contestualmente al sequestro del castello – con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla truffa e alla turbativa degli incanti e si trovano ora ai domiciliari. Gli indagati, in totale, sarebbero almeno 11 tra professionisti, amministratori e dipendenti del Comune di Narni. Secondo l’ipotesi della procura, la vendita all’asta dell’immobile di proprietà dell’amministrazione comunale sarebbe stata truccata attraverso una serie di mezzi fraudolenti, atti ideologicamente falsi e illeciti, comunicazioni tardive e proroghe richieste ad arte, che hanno consentito l’assegnazione del complesso a una società che non aveva i requisiti richiesti dal bando, riconducibile a Galletti e Zappelli. L’operazione del Castello di San Girolamo, sempre secondo gli inquirenti, sarebbe tra quelle che potrebbero avere contribuito ad aggravare il buco di bilancio della diocesi ternana, che ha raggiunto i 23 milioni di euro. Per i giudici del riesame che hanno disposto la revoca della misura cautelare in carcere per Zitti e Galletti, comunque, non sussisterebbero i gravi indizi relativi all’accusa di associazione per delinquere.

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