La crisi investe anche le banche: contro la disdetta del contratto i sindacati pronti allo sciopero il 31 ottobre
L’Abi potrebbe fare un passo indietro dopo la disdetta del contratto dei bancari? «La vedo molto complicata, molto difficile. La disdetta l’abbiamo data e cosa dovremmo fare, rimetterla in un cassetto e riprodurla a dicembre? Mi sembra molto difficile». Intervistato da Radio24 il giorno dopo la clamorosa disdetta (con nove mesi di anticipo dalla sua naturale scadenza del 30 giugno 2014) del contratto di lavoro da parte dell’Abi (Associazione Bancaria Italiana), il vicepresidente Francesco Micheli taglia corto su un possibile ripensamento. Il nodo è il costo del lavoro, sempre più alto a causa della crisi, con la conseguenza del personale in esubero. I sindacati sono sul piede di guerra e annunciano lo sciopero generale della categoria (probabile il 31 ottobre). Dal prossimo primo luglio i 310mila lavoratori del settore rischiano di ritrovarsi senza contratto collettivo nazionale ma solo con accordi aziendali di secondo livello.
Secondo gli ultimi dati della Bce, i lavoratori del settore finanza in Europa sono calati di 40mila unità, di cui 7mila solo in Italia. Ma nel nostro Paese il peggio deve ancora venire dato che, analizzando i piani industriali dei principali gruppi bancari e le stime dei sindacati, sono previste 19mila uscite nette nei prossimi anni sul totale di 330mila delle banche con mandato di rappresentanza Abi. Il perdurare della recessione, il sempre maggior ricorso all’online e anche alcune misure varate dalle banche per scoraggiare i servizi allo sportello hanno indotto gli istituti a includere nei piani industriali una riduzione consistente del costo del lavoro, giudicato da diversi analisti come una delle cause della minore competitività degli istituti italiani. «Ci vuole una regia per gestire la situazione – spiega Lando Sileoni, segretario del sindacato Fabi – permettendo alle banche la deducibilità fiscale dei crediti inesigibili». La riduzione è concentrata per circa i due terzi sulle banche di maggiori dimensioni: il maggior peso lo sosterranno i dipendenti Mps con 4.600 esuberi in tre anni. Per il 2013 sono previste 1.600 uscite fra pensionamenti ed esodi. Per IntesaSanpaolo l’accordo banca-sindacati sulla fusione per incorporazione di alcune banche prevede 600 uscite volontarie e incentivate entro il 2013 e 100 stabilizzazioni di precari. Alla Bpm fino al 2015 sono previste 800 uscite, al gruppo Ubi il piano industriale parla di 900 uscite volontarie e incentivate. Unicredit nel suo piano al 2015 ha previsto 800 pensionamenti volontari e incentivati, mentre alla Bnl da adesso fino al 2015 il piano rileva ulteriori 450 uscite volontarie in più rispetto alle 1.100 già concordate nel piano 2012-2014. Quindi il Banco con 675 uscite volontarie ed incentivate e infine la Bper con 450 pensionamenti volontari entro il 2014.
In risposta a questa crisi il segretario della Fisac Cgil, Agostino Megale, chiede «la riduzione dei compensi dei banchieri per i prossimi due o tre anni sotto la soglia dei 600/700 mila euro annui per dare il buon esempio, prima di mettere in discussione i diritti e le condizioni di lavoro». Per il il segretario generale dell’Ugl Credito, Fabio Verelli, «l’atto propostoci dall’Abi sembra rivolto a conseguire spazi di manovra strategica per mettere fretta ai sindacati e pervenire ad un nuovo contratto bipartito che differenzi l’area commerciale dalle attività di supporto, ipotizzando pure diversi trattamenti economici». Il leader della Cisl Raffaele Bonanni giudica “intempestiva” la disdetta del contratto da parte dell’Abi, che – dice ospite di Tgcom24 – tocca nel settore bancario «dipendenti sempre leali, disponibili e responsabili».