Gli scritti inediti di Nietzsche sull’invidia, sentimento tipico dell’uomo della decadenza

12 Set 2013 14:30 - di Redazione

Quattro scritti inediti di Friedrich Nietzsche sull’invidia sono ora proposti in Italia dalla casa editrice Elliot con un titolo più esistenziale che filosofico: Può un invidioso essere felice? (a cura di Alessandra campo). Scritti fra il 1863 e il 1864, anni in cui Nietzsche termina lo studio a Pforta e si avvia a quello universitario, questi brevi testi costituiscono riflessioni che non sono assimilabili né a quelle autobiografiche, né a quelle filologiche. In essi c’è la possibilità di rintracciare non solo la fase di maturazione umana e intellettuale del giovane Nietzsche, ma anche le anticipazioni dei grandi motivi della sua filosofia successiva. In queste pagine, dunque, gli ultimi retaggi dell’influenza religiosa familiare lasciano intravedere lo sviluppo delle sue posizioni anticristiane e rivelano l’attenzione per l’antichità unita all’interesse per il destino tedesco a cui Nietzsche era stato formato negli anni trascorsi a Pforta.

La scuola di Pforta – dove avevano studiato Novalis, Fichte, Friedrich Schlegel e dove Nietzsche compie gli studi superiori dal 1858 al 1864 – era un ginnasio-liceo a numero chiuso, di impostazione umanistica. In questa scuola, rinomata per la serietà dell’insegnamento, si studiava soprattutto l’antichità classica; qui, a differenza degli altri licei prussiani, in cui prevalevano ideali clericali e monarchici, si respirava l’atmosfera dell’Ellade e di Roma: al centro dell’insegnamento stavano il greco e il latino, oltre che la lingua e la letteraura tedesca.

Nei suoi scritti sull’invidia Nietzsche sottolinea come questo sentimento sia un errore della conoscenza e della natura che conduce l’individuo lontano dalla vera felicità: «Agli invidiosi la felicità e l’onore appaiono sotto l’involucro esteriore della ricchezza e dello splendore, dell’acclamazione pubblica e delle lodi dei giornali… essi non riescono a vedere il cuore delle cose». Sono le prime intuizioni degli aforismi che nei testi più noti sulla genesi dei valori e dei controvalori etici (Geneaologia della morale e Al di là del bene e del male) indurranno il filosofo di Zarathustra a condannare l’«uomo del risentimento», ad additare la «morale degli schiavi» come causa prima della decadenza dei valori europei e ad auspicare il superamento del nichilismo attraverso la “felicità” dell’oltre-uomo.

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