La rottura insanabile tra Pd e Pdl affretta la fine del governo: su Berlusconi nessuna intesa possibile

19 Ago 2013 14:09 - di Gennaro Malgieri

Comunque andrà, finirà malissimo. Il Pd ed il Pdl non potrebbero essere più distanti. Il primo non comprende che la decadenza politica – perché di questo si tratta – di Berlusconi azzererebbe il secondo; e questi non si rende conto che se il primo avallasse le sue richieste deflagrerebbe in pochi minuti. In estrema sintesi questa è la situazione. Ci si poteva pensare prima, magari con una buona legge sull’immunità parlamentare, ma è inutile rivangare il passato: il Parlamento, nel suo insieme, ha dato il peggio di sé negli ultimi anni e adesso, a causa di una sentenza opinabile come lo sono quasi tutte (finiamola con questa retorica della sacralità delle pronunce dei tribunali) e di una legge (la Severino) votata a sproposito dalla destra e dalla sinistra (con qualche eccezione, naturalmente) che avrebbe dovuto rafforzare le misure anticorruzione, il Paese rischia di andare a gambe per aria.

In nessuna democrazia degna di questo nome la legge penale è retroattiva: in Italia sì. Almeno così la considerano coloro che sostengono la decadenza “automatica” di Berlusconi da senatore. Ovunque nel mondo civile vi sono  guarentigie a protezione della classe politica finché questa esplica il proprio mandato popolare, diversamente verrebbe meno quella sovranità a cui ci sia appella decantando la “Costituzione più bella del mondo”.

Ecco: questi due passaggi impediranno la ricerca della concordia auspicata e manderanno gli italiani alle elezioni in men che non si dica. Non è un caso che il presidente del Consiglio Enrico Letta, ieri al meeting di Comune e liberazione – vero laboratorio di nuovi esperimenti neocentristi e post-berlusconiani (basta vedere il parterre) – abbia detto chiaro e tondo che la nuova legge elettorale sarà pronta tra due mesi. Ce lo auguriamo anche noi, naturalmente. Ma per fare che cosa? Per provvedere a “resettare” il sistema dopo la inevitabile rottura tra i due maggiori azionisti del governo che ne decreteranno la fine al più presto.

L’accelerazione avverrà dopo il 9 settembre, giorno il cui il senatore Andrea Augello relazionerà sulla decadenza di Berlusconi e raccoglierà il voto contrario della Giunta. Seguiranno le sue dimissioni, la nomina di un nuovo relatore, la proposta all’Aula e l’accompagnamento del Cavaliere fuori da palazzo Madama dove sarà esposto a tutti i venti giudiziari che si possono immaginare. È pensabile che Letta vada vanti come se nulla fosse accaduto? Crediamo proprio di no. I ministri del Pdl si dimetteranno, l’esecutivo si dissolverà, il capo dello Stato che non ha nessuna voglia di sciogliere le Camere prima che venga approvata la legge elettorale rimanderà Letta davanti ai parlamentari affinché venga certificato lo stato di crisi: resterà, ovviamente, in carica per l’ordinaria amministrazione fino a quando non matureranno nuove condizioni: un papocchio per tirare a campare o una normativa che superi il Porcellum.

In queste settimane s’è fatta tanta retorica e si sono spese molte parole. Non ne valeva la pena. Tutte le ipotesi immaginate dal Pdl si sono infrante, com’era inevitabile, contro gli scogli del Quirinale, del Pd e di un vasto circuito mediatico. La via è segnata. Ciò che rimane ancora incerto è come sarà il domani di Berlusconi e che cosa avverrà del centrodestra. Un’idea ce la siamo fatta. Ma ne parleremo nei prossimi giorni.

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