Il Professore si dimette, poi ci ripensa: «Per ora resto alla guida di Scelta civica»
Drammatica assemblea questa notte di Scelta civica: secondo diversi presenti, Mario Monti è arrivato a dare le dimissioni da presidente del movimento. Dimissioni rientrate solo dopo che i parlamentari gli hanno letteralmente impedito di uscire dalla sala chiedendogli di uscire. «Ma l’addio è solo questione di tempo», spiega chi gli ha parlato. La riunione-fiume di ieri notte, secondo quanto raccontano i presenti, ha avuto il suo culmine verso la fine quando il Professore, dopo una serie «attacchi feroci» da parte dell’ala cattolica del partito, si è detto «disgustato e profondamente amareggiato» dalla mancanza di fiducia dimostrata verso di lui, e ha chiesto al notaio di ratificare le sue dimissioni. Poi si avviato verso l’uscita, «fermato solo all’ultimo» dall’intervento di Alberto Bombassei e di altre persone che, dopo alcuni minuti, lo hanno convinto a far rientrare le dimissioni. Gli attacchi dell’ala cattolica, riferisce chi era presente nella sede di via Poli, hanno avuto nel mirino la decisione di Monti di rimettere Andrea Olivero dal mandato di coordinatore politico per affidargli l’incarico di formare un gruppo di lavoro che porti, in settembre, a un documento di nuovo indirizzo di Scelta Civica. Anche perché, è il ragionamento di chi è vicino all’ex premier, «se non decidiamo dove e come andare il partito così com’è non va».
Ma la decisione di Monti è stata interpretata come un pretesto per destituire Olivero dai cattolici di Scelta civica, che hanno accusato il Prof di «processo alle intenzioni e di punire un reato d’opinione», ovvero la partecipazione dello stesso Olivero a un convegno promosso dall’Udc venerdì scorso. La proposta di Monti è stata approvata per acclamazione e non con una votazione grazie all’intervento del “pompiere” Mario Mauro. Poco dopo, però, Monti ha deciso comunque di comunicare le sue dimissioni, poi rientrate. Ma, è il ragionamento di chi era presente, il problema resta: «Monti sente che una parte del partito, quella cattolica, gli ha voltato le spalle». Un clima drammatico che non le smentite ufficiali non bastano a minimizzare. E non convince neanche la dichiarazione di Monti ai microfoni del “suo” Tg1: «È necessario un forte spirito di coesione e finché c’è questo spirito sono disposto a restare e a guidare». Una tregua armata, la minaccia di addio è solo rinviata.