È di moda accusare Putin di omofobia. Ma se diamo un’occhiata alle leggi “antigay” scopriamo che…
Solo una politica che ha perso il senso della propria missione e una opinione pubblica disorientata e suggestionabile possono montare un caso internazionale contro la Russia di Putin con l’accusa di essere una sorta di Mecca dell’omofobia. La lapidazione mediatica cui è stata sottoposta l’atleta russa Yelena Isimbayeva, campionessa di salto con l’asta, per il solo fatto di aver difeso le ragioni di alcune recenti leggi approvate dalla Duma a tutela dei minori russi è in tal senso istruttiva. Un implacabile spirito censorio s’è abbattuto con la Isimbayeva, a tal punto che un esponente del Pd sardo, Gianuligi Piras è stato costretto alle dimissioni per averle augurato su Facebook di essere «stuprata in piazza» e per il putiferio che si è scatenato dopo tale agghiacciante auspicio. E la polemica è stata rilanciata anche dalle atlete russe che si sono baciate sul podio dei Mondiali di Atletica di Mosca.
Al dunque, l’omofobia della Russia di Putin è diventata una verità incontrovertibile per l’opinione pubblica internazionale, con tutto quello che ne consegue in termini di relazioni politiche. Ma qual è il contenuto effettivo delle leggi “omofobe” di Putin? La più recente vieta l’adozione di bambini russi da parte di coppie gay e single residenti in Paesi dove è stato legalizzato il matrimonio omosessuale. Va in tal senso ricordato che la Russia è uno dei maggiori Paesi da cui provengono oggi i bambini adottati. Qualche mese fa, la Duma ha poi approvato un provvedimento che stabilisce il divieto di «propaganda» gay diretta ai minori.
Questa insomma sarebbe l’ “omofobia” della Russia di Putin. Pare francamente un po’ poco per gridare alla violazione dei diritti umani. Il concetto di human rights andrebbe preservato da forzature e interpretazioni strumentali. Si può infatti parlare di diritti umani quando sia realmente in gioco la vita, la sicurezza. l’integrità, la libertà e la dignità della persona contro ogni discriminazione o ingiusta limitazione. Come si fa ad esempio a considerare “diritto umano” la richiesta delle coppie gay di adottare un bambino? In questo caso, il vero diritto appartiene al bambino, che deve poter crescere avendo come riferimento psicologico e morale la figura di una padre e quella di una madre. E, per i bambini adottati, tale diritto deve essere rafforzato, perché parliamo di persone che vengono, nella maggior parte dei casi, da situazioni si abbandono e solitudine sofferte fin dalla più tenera età. Si può certo discutere sul concetto di “propaganda gay”, cosa che può prestarsi a diversi abusi, diciamo così, interpretativi. Ma , se un Paese decide di adottare una linea di austera formazione per i propri giovani, giusta o sbagliata che sia, non per questo siamo autorizzati ad affermare che tale Paese discrimini chicchessia. Ma, nel tempo del neo-confomismo del politically correct, il buon senso è merce sempre più rara.