Berlusconi: o vera riforma della giustizia o elezioni. Schifani e Brunetta: saliremo al Colle per chiedere la grazia
Il giorno dopo la sentenza della Cassazione tutto il mondo politico era in attesa della reazione del Pdl che è puntualmente arrivata. Nel pomeriggio Silvio Berlusconi ha partecipato alla riunione dei gruppi parlamentari, accolto da un lungo applauso, e da lì ha lanciato il suo messaggio al governo: “Non possiamo sottrarci al dovere di una vera riforma della giustizia per questo siamo pronti alle elezioni”. Dopo avere ribadito che la sentenza è basata sul nulla, l’ex premier ha sottolineato: “L’unica nostra colpa è non aver mai preso il 51% e questo ci ha impedito di fare la riforma liberale perché abbiamo subito i veti dei piccoli partiti”. Che il governo Letta sia in bilico lo dimostra anche l’intervento del vicepremier Angelino Alfano: “Se c’è da difendere i nostri ideali e la storia di tutti noi e la storia del presidente coincide con la nostra, siamo pronti alle dimissioni a partire dai ministri del governo”.
E non solo i ministri: i parlamentari del Pdl al termine della riunione dei gruppi hanno consegnato ai due capigruppo le loro dimissioni. Schifani e Brunetta si recheranno dal Capo Dello Stato portando le dimissioni dei due gruppi e chiedendo il ripristino della giustizia. Che potrà avvenire con la grazia concessa da Napolitano. “Se la nostra richiesta non sarà accolta – spiega Brunetta – tutti sappiamo quello che occorre fare: difendere la democrazia nel nostro Paese”. Da ambienti del Quirinale trapela una prima risposta: è la legge a stabilire quali sono i soggetti titolati a presentare la domanda di grazia. La grazia può essere concessa su domanda del condannato, di un suo prossimo congiunto o dal convivente ovvero da un avvocato o anche, in assenza di domanda o proposta (art 681 codice di procedura penale, comma quarto), d’ufficio, cioè d’iniziativa del presidente della Repubblica o del ministro della Giustizia. Essa prescinde dal consenso dell’interessato.
Intanto è stato notificato a Roma a Silvio Berlusconi il decreto di esecuzione pena, con sospensione, per la vicenda Mediaset. L’ex premier avrà tempo fino a metà ottobre per chiedere misure alternative al carcere.
Non si è fatta attendere la reazione del Pd: “Se Berlusconi avesse detto di volere il voto subito – ha osservato Guglielmo Epifani – questo vorrebbe dire che romperebbe il patto contratto con gli italiani per un governo di servizio: altro quindi che distinzione fra piano politico e giudiziario, sarebbe il piano politico che dipende da quello giudiziario”.