Benigni getta altro fango su Berlusconi e sul popolo di centrodestra. E la chiamano satira…

7 Ago 2013 14:39 - di Girolamo Fragalà

Il Male è Berlusconi e chi lo segue è una pecora o è pagato. Questo il succo del “comizio” di Roberto Benigni (che la sinistra vuol far passare come satira) nella serata di chiusura di “TuttoDante” a Firenze. La sentenza della Cassazione sul Cav, oltre a provocare un terremoto politico, ha fornito qualche paragrafo nuovo al copione impolverato di Benigni, la cui creatività artistica sembra un lontanissimo ricordo. Tant’è che dopo averlo ascoltato – tanto per citare una sua opera – “non ci resta che piangere”, proprio per la ripetitività delle battute. Allo showman non è andata giù la manifestazione di via del Plebiscito e allora ha subito messo in dubbio che la gente sia arrivata a Roma spontaneamente: «Hanno pagato tutto e tutti sennò chissà chi ci andava», più o meno le stesse cose che scrivono i giornali di sinistra dopo ogni piazza del Cav stracolma di gente. Poi, ricordando la ridicola denuncia del neosindaco Marino, ha ironizzato: Berlusconi ha un nuovo reato, «è quello per un palco abusivo, gli mancava. Resta solo che i giudici lo accusino di furto di bestiame e di traffico d’organi. Poi veramente li ha tutti». Forse nell’inconscio persino Benigni ha capito che una certa persecuzione nei confronti del Cavaliere c’è, ma lui la utilizza per gettare un altro po’ di veleno, così da accontentare gli Epifani e le Rosy Bindi di turno. Un’altra battuta (o presunta tale) riguarda la rapidità con cui è giunta la sentenza: «Mi sono scordato un attimo della Cassazione e i giudici sono andati troppo veloci: non ho avuto il tempo di comprarli tutti», le parole che Benigni attribuisce nella canzone Io sono il boss – tanto per rimanere in tema – sempre a Berlusconi. Poi lo stesso Benigni è tornato al repertorio vecchio, che non fa più ridere nessuno. Ecco qualche assaggio: il canto dell’Inferno più odiato dal Cav è quello «del Conte Ugolino perché mangiava i bambini, è il primo comunista». Un altro canto particolare è quello di Ulisse, «un uomo che lascia tutte le donne a casa, che è perseguitato, che ha passato una vita nelle navi – ha aggiunto riferendosi a Berlusconi, senza citarlo – che ha paura di sentire le sirene da un momento all’altro». Ma la vera paura, una volta finito lo show, è che il massimo livello del patrimonio artistico italiano sia racchiuso nelle battute di Benigni. Anche in questo caso, e forse più di prima, “non ci resta che piangere”.

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