Travolti da un (non tanto) insolito destino montiano: non abbiamo mai pagato tante tasse

4 Lug 2013 17:59 - di Francesco Signoretta

Dopo di lui il diluvio di tasse. Monti ha reso più taglienti le unghie rapaci del fisco e il bottino aumenta: perché i provvedimenti varati dal Professore, durante l’anno è mezzo in cui è stato a Palazzo Chigi, stanno producendo effetti a cascata e perché neppure il governo Letta è riuscito finora a ridurne l’impatto. L’Istat ha fatto le rilevazioni del primo trimestre di quest’anno e ha scoperto che  la pressione fiscale è aumentata ancora, nonostante i consumi in flessione e l’economia praticamente ibernata. Il trimestre gennaio-marzo di quest’anno ha fatto segnare un 39,2 % di Pil (+0,6 in 12 mesi) che va alle tasse, il valore più alto mai rilevato dal 1999, da quando cioè vengono fatte questo tipo di statistiche. E non tragga in inganno il dato del 44% diffuso con riferimento al 2012: una cosa è il dato medio, un’altra quello per trimestre. Tradizionalmente si parte bassi e poi, via via, gli incassi crescono. Nel 2013, visto lo sprint iniziale, sicuramente verranno superati i valori fatti segnare lo scorso anno, che è terminato in salita con una pressione fiscale che nel trimestre ottobre-dicembre ha toccato il 52%. Roba dell’altro mondo. La strada per uscire da questa situazione che rischia di strangolare il Paese l’ha indicata il Pdl fin dalla campagna elettorale: bisogna ridurre il prelievo, abolendo l’Imu sulla prima casa, evitando l’aumento dell’Iva che era previsto per il primo luglio ed è slittato di qualche mese, abbattere la tassazione sul lavoro, che aumenta il costo per le aziende e riduce le buste paga. Il ritmo, però, non è quello giusto. A causa delle resistenze del Pd e (guarda caso) del partito di Monti, infatti, non si riesce a fare tutto quello che si dovrebbe. Di conseguenza, resta il problema: come l’Italia possa andare avanti e svilupparsi con questi livelli di prelievo non è dato sapere. «Dobbiamo impegnarci per ritrovare la crescita – ha detto il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi – non c’era bisogno di avere i dati dell’Istat, lo sapevamo già, perché ogni volta che andiamo a pagare le imposte ci accorgiamo che il carico è sempre più forte». Avremmo dovuto fare aumentare consumi e occupazione e invece, purtroppo, abbiamo fatto crescere solo la pressione fiscale. E i risultati non si sono visti perché, nello stesso tempo, è salito anche l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche e la spesa pubblica per finanziarlo. Nessuno che non sia un masochista può tollerare tutto questo. «Si impongono scelte immediate, chiare e drastiche», fa notare Maurizio Gasparri che suggerisce di abolirne immediatamente e in via definitiva l’Imu sulla prima casa e gli aumenti Iva per poi «aggredire  il debito pubblico e quindi ridurre significativamente le tasse». Lo spazio c’è, ma il governo sembra ingessato dai veti che arrivano dalla sinistra del Pd. Non si riescono a raccogliere neppure i suggerimenti più scontati. Renato Brunetta, presidente del deputati del Pdl, va dicendo da settimane che i pagamenti  dei debiti della pubblica amministrazione spalmati in due anni sono destinati a produrre minori effetti che se liquidati nel solo 2013. E a sostegno di questa tesi porta cifre concrete. In tutto, la parte già finanziata raggiunge i 40 miliardi di euro, in grado di generare tra Iva, imposte dirette e contributi 8 0 9 miliardi di gettito, con ricadute in termini di Pil di 0,5 punti percentuali e successive ulteriori entrate fiscali in grado di finanziare l’Imu e l’Iva.  Alla fine ci troveremmo con più gettito e meno tasse.  Però, sembra che un percorso del genere non possa essere intrapreso. Il perché? Sarebbe una vittoria politica del centrodestra.

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