Procaccini smonta il teorema anti-Alfano: «Dai giornali ricostruzioni errate. Il ministro non era informato»
“L’assassino è sempre il maggiordomo”, si diceva un tempo dei romanzi gialli di terza categoria. Il motto della “spy story” dell’estate potrebbe essere invece “Il ministro del Pdl è sempre il colpevole”. Al posto dei gialli mettete le prime pagine di alcuni quotidiani sul caso kazako (da Repubblica al Fatto quotidiano) e avrete il risultato. Oggi hanno riportato le interviste al dimissionario (o dimissionato?) Giuseppe Procaccini, capo di gabinetto del ministro dell’Interno. Nelle dichiarazioni alla stampa il senso suonava inequivocabilmente come un’autodifesa e, allo stesso tempo, un atto d’accusa nei confronti di Alfano. Il senso era più o meno questo: “Il ministro era stato informato, Procaccini è solo un capro espiatorio, costretto alle dimissioni per senso dello Stato”. Un tam tam ossessivo che è rimbalzato dai quotidiani fino ai telegiornali di questa mattina, nonostante le spiegazioni date dal Viminale nella relazione letta ieri nell’aula del Senato da Alfano.
Così oggi pomeriggio, in una nota, lo stesso Procaccini è stato costretto a una smentita. «Nessuna contraddizione con il ministro Alfano. Mi riconosco nella sua veritiera ricostruzione», dice il capo di Gabinetto dimissionario del ministro dell’Interno. «Leggo su alcuni giornali, ai quali ho rilasciato interviste – afferma Procaccini – una ricostruzione sostanzialmente corretta delle mie parole, laddove racconto i fatti. Mi spiace che alcune ricostruzioni tendano a mettermi in contraddizione con quanto sempre detto dal ministro Alfano, con il quale non c’é alcuna differenza di visione, in quanto mi riconosco nella veritiera ricostruzione dallo stesso resa in tutte le sedi; ricostruzione, peraltro, coincidente con la mia. Tra l’altro – continua Procaccini – preciso che i miei colloqui con i giornalisti, nonché le mie dimissioni, sono antecedenti alle comunicazioni rese, sulla relazione, dal ministro in Parlamento; relazione che è coerente con quanto da me affermato». Stavolta l’assassino non è il maggiordomo: dura da digerire per i “giallisti” di alcune redazioni.