Bin Laden, nove anni in Pakistan, indisturbato. Lo rivela un dossier: «Poteva essere scoperto grazie a una multa…»

9 Lug 2013 17:55 - di Guglielmo Federici

La realtà spesso non è come nei film. La permanenza di nove anni di Osama Bin Laden in Pakistan è stata possibile per «l’enorme incompetenza» degli organi statali e per l’incapacità degli 007 a risalire ai suoi covi e complici. È la conclusione impietosa del rapporto di una commissione di inchiesta rivelato dal quotidiano The Dawn e poi pubblicato anche sul sito di Al Jazeera in versione integrale. Se si pensa che Osama Bin Laden poteva essere scoperto a causa di una multa per eccesso di velocità, abbiamo l’esatta dimensione della fallimentare operazione di intelligence messa in atto in quegli anni. In una data imprecisata tra il 2002 o il 2003 nella valle di Swat, in Pakistan, una guardia ferma il veicolo sul quale si trova il capo qaedista e alcuni complici. Motivo: andavano troppo veloci. Ma il guidatore, Ibrahim Al Kuwaiti, fedele guardia del corpo, risolve tutto senza che il vigile si accorga di Osama. L’episodio, uno dei tanti, è raccontato da Maryam Al Kuwaiti, la moglie di Ibrahim, ed è contenuto nel dossier redatto dalle autorità pachistane dopo il raid di Abbottabad e rivelato dalla tv al Jazeera.

Un documento di 336 pagine che getta luce sulla lunga latitanza del terrorista, da mesi tenuto segreto dal governo, che critica la potente intelligence militare dell’Isi che – si legge – «ha agito senza professionalità, scarso impegno per combattere il terrorismo e anche ostacolando l’attività delle altre agenzie di spionaggio». Basato su circa 200 testimonianze, tra cui quelle preziose delle tre vedove che erano con lui nella villa di Abbottabad, il rapporto descrive minuziosamente la vita di Bin Laden da quando è arrivato in Pakistan nel 2002 dopo essere fuggito dall’Afghanistan fino alla sua fine nel blitz americano del 2 maggio 2011.

Sono descritti i ruoli dei suoi complici e anche molte curiosità, come il cappello da cow-boy che usava indossare quando usciva di casa, sperando così di nascondere il suo volto ai satelliti spia. I contatti con l’esterno erano limitati, solo Ibrahim e il fratello Abrar uscivano per comprare rifornimenti. Persino la famiglia del primo, che pur viveva in casetta separata nel complesso di Abbottabad, per molto tempo sarebbe stata all’oscuro su chi fosse «lo zio» che «abitava al piano di sopra». Anche se qualche domanda deve pure essersele fatte. Il documento sottolinea infatti come lo sceicco del terrore sia riuscito a non essere scovato, per la negligenze e l’incompetenza a tutti i livelli delle autorità pakistane. Il documento definisce «sconvolgente» che nessuno nel governo di Islamabad abbia scoperto Bin Laden che visse indisturbato in un complesso descritto come «difficilmente normale», visto che era isolato, circondato da alte mura e protetto da filo spinato. Nelle carte diffuse da Al Jazeera i pachistani affermano di non aver trovato prove di legami tra il terrorista e funzionari locali.

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