Bersani cala l’asso contro Matteo: si chiama Letta. E i renziani: ora è tutto chiaro, facciamo il congresso

23 Lug 2013 17:24 - di Gloria Sabatini

«Il partito deve iniziare a guardare oltre», “suggerisce” la pasionaria Rosi Bindi, che del Pd è stata presidente e oggi giura di non avere ambizioni di leadership. E «non può identificarsi con il governo». Parole non casuali nel giorno in cui vengono allo scoperto le carte di Bersani per arginare la mina vagante di Matteo Renzi in vista dell’incandescente count-down verso il congresso d’autunno. L’ex segretario democratico è deciso a puntare su Letta, il premier dei miracoli, il “nipote” dal piglio istituzionale e la credibilità internazionale “giusta”, riconosciutagli pubblicamente da una vecchia volpe come D’Alema. La notizia non è ufficiale ma ha basi solide per spuntare le armi al sindaco di Firenze. «Contro Matteo è Letta il miglior candidato – ragionano i bersaniani visto che l’ex leader segretario non intende scoprirsi in prima persona – se ci sarà Renzi in campo è chiaro che si voterà anche per la premiership». Viceversa,  se Renzi non si candidasse, sarebbe possibile eleggere un segretario “vero” che si occupi unicamente del partito e non a caso l’automatismo tra segretario e candidato premier è uno degli argomenti di maggiore divisione. Letta contro Renzi? Un elemento di chiarezza ma anche di fibrillazione a largo del Nazareno alle prese con i continui stop and go, le accelerazioni del sindaco rottamatore,  l’allargamento della rosa dei candidati che spuntano come i funghi.

Tra le possibili new entry anche quella di Rosario Crocetta, a un passo dall’addio al Pd e dalla candidatura alla segreteria in chiave anti-Renzi. Il governatore siciliano non ha gradito la decisione del partito di bocciare senza appello l’ipotesi di «doppia militanza» per gli esponenti del Pd per bloccare il suo movimento Il megafono». Dal palco della Festa dell’Unità Bersani l’ha messa così chiedendo di confermare la deroga allo statuto che elimina l’automatismo tra segretario e premier: «Adesso è sensato rafforzare il partito, che ha bisogno di qualcuno che ci si dedichi, quando si faranno le primarie saranno primarie aperte, non necessariamente con un solo candidato del Pd». A sponsorizzare ufficialmente Letta (che venerdì parteciperà alla direzione del partito mentre la presenza di Renzi è ancora top secret) ci pensa un bersaniano doc come Alfredo D’Attore, autore del documento “Fare il Pd”. «Agli amici renziani suggerirei di lasciar perdere polemiche pre-congressuali; il punto a cui la prossima Direzione dovrà rispondere è molto più semplice: il Congresso del Pd serve per scegliere il prossimo candidato premier oppure per eleggere un segretario?».

Tra i dubbi non ancora sciolti anche quelli sulle modalità e il calendario del congresso, appeso inevitabilmente alla tenuta del governo  e all’eventuale voto anticipato. Epifani giura che si farà entro l’anno e sembra esclusa l’ipotesi caldeggiata dai bersaniani di “rateizzare” le assise in due momenti successivi. Ma chi pensa che in direzione Letta lanci il guanto di sfida non conosce il premier, impegnato come non mai, a garantirsi il sostegno a un governo «non solo amico, di cui tutto il Pd deve rivendicare le cose buone». Il manipolo dei renziani è al lavoro per la controffensiva. La strategia si chiarisce – dice Andrea Marcucci – intantissimi  hanno attaccato Matteo Renzi accusandolo di alimentare tensioni per indebolire il governo. Ora che per Bersani il miglior candidato è proprio l’attuale premier capiamo come stanno le cose. Ma chi alimenta le tensioni?».  Ecco che si scopre la verità – taglia corto  Ernesto Carbone – l’ex segretario del Pd in realtà oggi è lo stratega e guru di Enrico Letta. Ora però che il quadro politico nel Pd sembra chiarirsi in vista del congresso, al segretario Epifani non resta che fissare la data».

 

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