Pd-grillini: il colpo grosso è il Quirinale. L’assalto finale è appena iniziato

18 Giu 2013 10:47 - di Gennaro Malgieri

Trapela inquietudine dal Quirinale. La manovra grillino-democratici non viene vista benevolmente. Anzi. Il presidente sospetta che si stia tramando qualcosa. E quel “qualcosa” è sotto gli occhi tutti. Un ribaltone. Al quale, si sussurra ipocritamente a Largo del Nazareno, il capo dello Stato non dovrebbe essere ostile posto che la maggooranza parlamentare comunque ci sarebbe lo stesso anche se il governo Letta dovesse cadere. Ma non è questo il problema. S’intuisce che la posta è molto più alta ed è abbastanza facile raccontarla.

Napolitano, al momento del reinsediamento, disse esplicitamente che se non si fossero fatte le riforme, ed in particolare la riforma elettorale, lui avrebbe tolto l’incomodo anzitempo e che i partiti se la spicciassero loro. Il discorso non fu gradito dalla maggior parte dei parlamentari del Pd che vedevano ingessate le loro ambizioni politiche. Ma il risultato elettorale e la successiva farsa dell’elezione del presidente della Repubblica non autorizzavano nient’altro di quel che che è accaduto. Neppure un ritorno repentino al voto, dal momento che la Corte costituzionale aveva deliberato l’incostituzionalità di una parte significativa delle legge elettorale, proprio quella che più sta a cuore ai partiti: la mancanza di una soglia di sbarramento per ottenere il premio di maggioranza. Con questa spada di Damocle sulla testa nessun capo di Stato di sognerebbe di mandare a votare gli elettori con la certezza di una dichiarazione senza precedenti di illegittimità del Parlamento eletto. Dunque, Napolitano non poteva fare altro che quello che ha fatto e che le forze politiche gli hanno pressantemente chiesto. Ma, come si ricorderà, pose le condizioni appena ricordate.

Benissimo, si sussussurra al Nazareno. Vuol dire che quando la diaspora grillina si compirà – e non c’è bisogno di attendere molto, visto come vanno le cose – il cambio di maggioranza sarà quasi automatico, magari con l’apporto di qualche ascaro di Scelta civica. Naturalmente nessuna riforma sarà stata nel frattempo varata e men che meno quella elettorale, ragion per cui il buon Napolitano saluterà, alla maniera partenopea speriamo, i moribondi Montecitorio e di Palazzo Madama e si godrà il meritato laticlavio che peraltro già gli era stato attribuito prima dell’ascesa al Quirinale.

Ancora meglio, per il Pd. Quale occasione migliore per issare sul Colle più alto Prodi o addirittura, per far piacere ai grillini e non farli passare per voltagabbana (non sia mai ), eleggere Rodotà a maggior gloria della democrazia del Web.

Dietro le manovre che hanno il loro epicentro nel Movimento pentastellato c’è tutta questa roba. Qualcuno riesce a vederla e la racconta. Non ci vuole comunque la palla di vetro per indovinare ciò che si sta muovendo nelle segrete stanze. E l’indice più significativo di quanto descritto è il ritorno sulla scena, piuttosto rumorosamente per la verità, dello sconfitto di due mesi fa, dell’ineffabile Pier Luigi Bersani che sembra aver acquistato nuovo smalto dai conflitti innescati dai dilettanti grillini che tanto dilettanti poi non sono, a ben vedere, se riescono, sia pure con un leggero ritardo, ad attuare il loro piano.

Peccato per coloro che credevano di aver preso la Bastiglia e rischiano di rimanere assediati nel quadrilatero della vicina Place des Vosges, confortevole all’apparenza, ma senza possibilità di sbocchi.

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