Missione compiuta a Bruxelles (almeno sulla disoccupazione). All’Italia 1,5 miliardi per il lavoro
L’Italia porta a casa dall’Europa un miliardo è mezzo di euro per combattere la piaga della disoccupazione giovanile. «Oggi c’è da sorridere – perché abbiamo raggiunto risultati importanti per l’Italia e l’Ue». È un Enrico Letta soddisfatto della missione compiuta a Bruxelles quello che appare ai giornalisti convocati al termine del vertice. Lo sblocco dei fondi a sostegno del lavoro giovanile, fa capire, è una vittoria del governo italiano sul quale il premier ha messo la faccia. Usando una metafora calcistica, Letta ha detto di «aver vinto bene» ma di aver «vinto di misura» sull’unione bancaria, con un «compromesso che rispetta la tempistica che ci eravamo dati». Pareggio invece sul ruolo della Banca europea degli investimenti. Per la lotta alla disoccupazione nell’accordo finale è stata aggiunta una disponibilità di 3 miliardi di euro oltre ai 6 di prima, una quota complessiva di 9 miliardi. «La quota di competenza dell’Italia – ha detto Letta definendolo un risultato straordinario – è di 1,5 miliardi, 1 miliardo nel prossimo biennio. È il segno che la strada era quella giusta e sono state accolte le nostre ragioni». Fiducioso di poter «aprire la fase due del lavoro», (una sorta di secondo pacchetto), non rinuncia a un fendente contro Grillo sfasciatutto, smanioso di «mandare in vacca» ogni riforma per usare l’elegante espressione utilizzata dal comico. Sfoglia gli appunti, controlla le cifre e tira un primo bilancio positivo anche se sa bene che navigazione del governo è tutt’altro che tranquilla. «Ora sul tavolo del problema occupazionale la somma dell’intervento nazionale italiano e dei fondi europei – spiega in conferenza stampa – fa un pacchetto di interventi con una massa critica significativa». Poi si rivolge agli imprenditori con una sferzata che non è passata inosservata, «ora sta alle imprese, le imprese non hanno alibi». Meno chiaro il messaggio lanciato sul terreno minato di Iva e Imu. «Continueremo a far di tutto per rispettare gli impegni presi», assicura consapevole del pressing del Pdl che sull’Imu non intende fare passi indietro. Poi aggiunge un malizioso “ma”… «ma senza sfasciare i conti pubblici perché chi pensa che io sia qui per sfasciare i conti pubblici, sbaglia primo ministro».