La semina ogm in Friuli: gli agricoltori pro-bio tech bloccati dal ministro De Girolamo
Trent’anni fa veniva commercializzato il primo prodotto agricolo geneticamente modificato, il famoso pomodoro flav savr, che maturava più tardi e che avrebbe dovuto conservarsi rosso e succoso per allietare le tavole dei consumatori. Invece fu un insuccesso e la Monsanto (che rilevò l’azienda che l’aveva prodotto) si disinteressò alla sua commercializzazione (troppo costosa la produzione e il trasporto). Ancora oggi il dibattito sugli ogm è apertissimo e lo dimostra il recente caso del Friuli Venezia Giulia dove Giorgio Fidenato, leader degli Agricoltori Federati (circa 500), ha seminato mais ogm nella provincia di Pordenone.
Un’azione che ha fatto scattare l’allarme al ministero dell’Agricoltura dove Nunzia De Girolamo ha dato mandato al Corpo forestale di prendere provvedimenti e di fissare i paletti necessari a salvaguardare la legittimità nelle coltivazioni. “Noi – spiega il ministro – agiamo nel rispetto della legge, la semina di ogm non è permessa se non si verificano prima le condizioni di coesistenza con l’agricoltura tradizionale e biologica al fine di evitare ogni possibile commistione e conseguenti danni economici”. Fidenato, forte di una sentenza della Corte di Giustizia europea, ritiene di avere col suo atto dimostrativo rivoluzionato la storia dell’agricoltura in Italia, ma il ministero non è dello stesso avviso: non si possono seminare ogm senza preventiva autorizzazione.
Ambientalisti e Slow Food, però, attaccano: la mossa di Fidenato era stata largamente annunciata e spiegata in conferenza stampa e nessuno si è mosso per impedirla, né la Regione né il ministero. Dice Carlin Petrini: “Un patrimonio storico come quello delle varietà di mais del Nordest subisce un gravissimo attacco con il placet di tutti coloro che dovrebbero evitarlo”. Nonostante le chiacchiere di Fidenato, che forzando la mano ha parlato di ripristino della legalità, resta alto il numero di consumatori che non vuole saperne dgeli ogm: 54% in Europa, 59% in Italia.