La prima intervista a Casaleggio tra utopia e esaltazione dell’io digitale
Il cofondatore del Movimento Cinque Stelle rompe il silenzio ed enuclea il manifesto pentastellare di formule politiche e antidoti movimentisti. Una fenomenologia di Casaleggio affidata a un’intervista pubblicata sulle pagine domenicali dell’inserto cultura del Corriere, La Lettura che, dopo il caso Wikileaks, e ribaltando il quadro delineato nelle ultime settimane dall’epopea Snowden, affida la nostra salute civica – minacciata a detta del guru cinque stelle nella sua stessa sopravvivenza dal virus ormai endemico della gestione partitica e parlamentare – e la salvezza democratica futura, alle dinamiche del web.
La piattaforma internetica notoriamente esaltata da Casaleggio, una volta di più viene descritta come deus ex machina virtuale che, in virtù della sua stessa natura digitale, sarebbe “controllabile” e immune da logiche compromissorie. Brevi cenni sull’universo “social” istituzionalizzati dalla prima intervista ufficiale, anche se rilasciata con risposte inviate per mail che, dalla democrazia diretta con l’utilizzo mirato di Internet per selezionare i candidati, passando per una sostanziale riforma del sistema referendario e, dunque, per una rivoluzione «prima culturale che tecnologica», mirata all’eliminazione radicale della mediazione parlamentare, delinea il sistema Casaleggio che implica modifiche radicali della Costituzione.
Dunque «la democrazia diretta sostituisce il Parlamento»? Chiede Serena Danna all’intervistato. «È più corretto dire che ne muta la natura», risponde lui, che poi aggiunge: «Gli eletti devono comportarsi da portavoce, il loro compito è sviluppare il programma elettorale e mantenere gli impegni presi con chi li ha votati. Ogni collegio elettorale dovrebbe essere in grado di sfiduciare, e quindi di far dimettere il parlamentare che si sottrae ai suoi obblighi in ogni momento, attraverso referendum locali». E sebbene la domanda offra lo spunto a Casaleggio per entrare nel vivo delle proposte, al di là di profezie ed anatemi, lui in materia di riforme della Costituzione si limita a dire che «le più immediate sono il referendum propositivo senza quorum, l’obbligatorietà della discussione parlamentare delle leggi di iniziativa popolare, l’elezione diretta del candidato che deve essere residente nel collegio dove si presenta, l’abolizione del voto segreto, l’introduzione del vincolo di mandato». Il braccio destro di Grillo, mentore finora nel dietro le quinte della Rete, nel parlare di una politica digitale assembla con disinvoltura il concetto di «non luogo» del web e, al tempo stesso, di radicamento sul territorio. Di trasparenza e obbligo di mandato, senza sentire la necessità di approfondire alcuni controversi aspetti delle procedure movimentiste a riguardo: non una parola sugli epurati e sulle fughe volontarie degli ultimi giorni.
Non una vera ricetta sulla debacle dell’esperienza parlamentare fin qui maturata dai neoeletti cinque stelle dopo l’affermazione record delle politiche di febbraio, se non un evasivo «tutto quello che è successo, compresa la chiusura a riccio del Sistema per mantenere lo status quo, e l’inesperienza dei neo-parlamentari, era prevedibile, tranne l’attacco mediatico senza precedenti per l’Italia repubblicana». O meglio, qualche dovuto errata corrige: tutto comunque indirizzato a favoleggiare sulla Rete, per Casaleggio un’oasi di salvezza prossima ventura, da contrapporre alla desertificazione di contenuti e strutture della politica. Una realtà futuribile in cui il miraggio della «democrazia diretta resa possibile dalla Rete», puntualizza Casaleggio in apertura di dialogo giornalistico, «non è relativa soltanto alle consultazioni popolari, ma a una nuova centralità del cittadino nella società. Le organizzazioni politiche e sociali attuali saranno destrutturate, alcune scompariranno. La democrazia rappresentativa, per delega, perderà significato». Dunque, il nostro io digitale rifonderà la democrazia? Ai posteri l’ardua sentenza…