Formia, una salma sul bagnasciuga. E il popolo della spiaggia continua a giocare e a sbaciucchiarsi
Quadro uno. Mattina del 17 giugno. Un telo bianco sulla spiaggia di Formia. Una presenza pietosa e macabra. Ricopre il corpo di un’anziana signora russa. Si era sentita mentre faceva il bagno. E non ce l’ha fatta. Mani compassionevoli l’hanno deposta sul bagnasciuga in attesa dell’arrivo dell’autorità sanitaria e di polizia. A pochi passi dalla salma una ragazzo e una ragazza si scambiano tenere effusioni. Felici. E totalmente indifferenti. I sentimenti della pietà, della compassione, del rispetto di fronte al dolore e alla morte non irrompono minimamente nel loro mondo dorato. L’idillio non va turbato. Poi magari diranno che non se n’erano accorti. Poverini, questi ragazzi, hanno diritto al loro guscio, chiuso al mondo. Quadro due: la stessa spiaggia alla stessa ora. Lo stesso pietoso telo bianco, preso però da una diversa angolatura. Questa volta c’è, a due passi, un signore intento a compiere una prodezza atletica con la racchetta in mano. Forse grida. Forse ride. Forse sfotte qualcuno. Forse dice «guarda come sono bravo!». Sprizza salute e vitalità da tutti i pori. Ma sprizza soprattutto una desolante indifferenza. Anch’egli probabilmente dirà di non essersi accorto di nulla. Il gioco non può essere interrotto dalla morte. Quel signore forse è in ferie. Sicuramente sarà nella condizione di coloro che hanno «staccato la spina”, dalle fatiche e dagli oneri della vita quotidiana. Nella «santa» lotta allo stress e al logorio della vita moderna, nella pratica “liturgica” del salutismo, nella religione del “più sani e più belli” non c’è posto per l’umana pietà.
Quelle che vi abbiano appena descritto, sono due foto diffuse dall’Ansa. Due foto notizia, come si dice in gergo giornalistico. Due foto che raccontano al meglio l’odierna vita italiana. Non è il primo caso di indifferenza di fronte alla morte del “popolo” delle spiagge. Analoghe istantanee di eventi simili sono state trasmesse negli anni passati da altre località italiane. Lasciamo perdere i sermoni, o i luoghi comuni sugli italiani che non sono più “brava gente”. Forse anche quello era un stereotipo, diffuso a suo tempo dall’ideologismo italico più buonista e caramelloso, e perennemente autoconsolatorio. Non abbiamo alcun sociologismo spicciolo da proporvi, nessun moralismo a buon mercato. Abbiamo solo un piccolo groppo alla gola. E un senso di pena nel cuore. A voi, se ne avete voglia, il commento.