“Espresso” amaro per Zingaretti: «In cento giorni ha riempito la Regione di inquisiti e condannati»

21 Giu 2013 19:40 - di Guido Liberati

Si può scegliere tra il capo di gabinetto (Maurizio Venafro) accusato di concorso in bancarotta fraudolenta e la nuova responsabile della direzione Rifiuti (Manuela Manenti) rinviata a giudizio per truffa e turbativa d’asta. Tra il nuovo capo delle Infrastrutture (Raniero De Filippis) condannato dalla Corte dei conti per un danno erariale  di 750 mila euro e il capogruppo in Consiglio regionale (Michele Baldi) accusato dalla Procura di Perugia di avere falsificato le firme della sua candidatura alle Regionali del 2010. Nella giunta rossa di Nicola Zingaretti c’è davvero l’imbarazzo della scelta. Se il successore di Renata Polverini alla Regione Lazio voleva imprimere una svolta, c’è riuscito. Ma non nel senso annunciato. In una corposa inchiesta, l’Espresso ha riportato il lungo elenco di funzionari e politici beneficati da Zingaretti, che non brillano per il curriculum. Eppure il candidato del Pd aveva fatto delle parole “Onestà, pulizia, trasparenza” il suo mantra. Come ricorda il settimanale, i primi cento giorni di attività sono stati disastrosi. La giunta di centrosinistra ha già dovuto incassare il dietrofront di due assessori, costrette alle dimissioni per grane giudiziarie. La prima a saltare, meno di un mese dopo la nomina, era stata Paola Varvazzo, assessore alle Politiche sociali dopo l’inchiesta che aveva travolto il marito, un  funzionario delle dogane indagato per una tangente da trenta mila euro. Poche settimane dopo è stato il turno della responsabile dell’Agricoltura, Sonia Ricci, rinviata a giudizio a Latina per reati ambientali.

«Mi chiedo cosa sarebbe mai accaduto a Gianni Alemanno se, da sindaco, avesse avuto intorno un quadro giudiziario come quello che descrive l‘Espresso», commenta Vincenzo Piso. «Se ci fossero stati consiglieri comunali rinviati a giudizio e, addirittura, il capo di Gabinetto da anni sotto processo – nota il parlamentare e coordinatore del Pdl Lazio – Alemanno sarebbe stato incatenato a una gogna mediatica senza fine ed esposto al pubblico ludibrio. Queste vicende dimostrano, come la città si trovi sotto un giogo comunicativo, un vero e proprio gioco del silenzio, che nasconde le malefatte del centrosinistra».

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