D’Alema difende il “partito pesante”: il Pd non diventi il “comitato elettorale” del leader
Prosegue il dibattito nel Pd dopo l’affondo di Pier Luigi Bersani che ha ventilato l’ipotesi di un governo alternativo alle larghe intese con la formazione di una nuova maggioranza allargata ai grillini delusi. Un percorso “rischioso” secondo Anna Finocchiaro, cui non sfuggono le fibrillazioni attorno al premier Letta e che hanno come epicentro proprio largo del Nazareno. Protagonisti della linea critica verso il governo Letta sono innanzitutto i bersaniani, che temono di restare tagliati fuori al prossimo congresso, ma anche i renziani che giudicano l’esperienza di Letta come “governo a tempo”.
Oggi D’Alema ha parlato di forma partito alla Fondazione Italiani europei e ha ribadito che il Pd deve mantenere la sua struttura di partito territoriale con un’organizzazione “pesante”. Per D’Alema il Pd non può e non deve diventare un “comitato elettorale del leader”. La partita aperta è sulle regole del congresso, terreno che vede i renziani mobilitati per non restringere la platea dei partecipanti alle primarie com’è accaduto nello scontro Renzi-Bersani.
Proprio su questo punto si potrebbe registrare una saldatura con i dalemiani che passerebbe per la nomina a capo della commissione per il congresso del “giovane turco” Roberto Gualtieri. Ma per quel posto-chiave ci sono altri candidati, come Davide Zoggia, responsabile dell’organizzazione della segreteria Epifani o ancora come Stefano Bonacini, segretario dell’Emilia Romagna. Ma tutto deve avvenire, avverte Stefano Fassina, senza compromettere il governo Letta: “Trovo che vi sia – dice il viceministro dell’Economia all’Unità – un grave e diffuso deficit di valutazione: c’è chi non capisce che il futuro del Pd dipende dai risultati che questo governo otterrà. Ma così si rischia l’autoreferenzialità. Il congresso non avviene in serra, ma nel Paese e nel mezzo di una battaglia politica. Ci sono invece dirigenti che usano un atteggiamento strumentale che danneggia sia il Pd sia il governo, e quindi il Paese”.