Colpo di scure sui consumi alimentari: la crisi li riporta a 40 anni fa

22 Giu 2013 19:22 - di Desiree Ragazzi

Borsellini e carrelli della spesa sempre più vuoti. In un anno si sono ridotti all’osso gli acquisti di carne, pesce, frutta, verdura, latte, vino e olio. In sostanza siamo tornati ai livelli degli anni Settanta, quando lo shock petrolifero costrinse tutti a tirare la cinghia e a razionare gli alimenti. Ora i livelli sono pressoché uguali a quelli di quarant’anni fa. Più di sedici milioni di famiglie, quindi di fatto due su tre, nel 2012 hanno tagliato gli acquisti per la tavola, con un calo dei consumi del 3,2 per cento sul 2011. La Cia, Confederazione degli agricoltori, lancia ancora una volta l’allarme: in soli cinque anni l’alimentare ha subito un «colpo di scure» di circa 20 miliardi di euro, 8 miliardi solo nell’anno passato. Per mangiare si spende, in valore, più al Sud (484,40 euro a famiglia) rispetto al Nord (473,50 euro) e al Centro (479,30 euro), mentre la quantità dei prodotti ha imboccato la strada della caduta libera. Si risparmia sul cibo per far fronte alle spese per i servizi necessari (gas, acqua, luce, carburanti, mutui, affitti), mentre si va alla ricerca di prodotti meno pregiati e di scarsa qualità che hanno prezzi più accessibili. Una tendenza proseguita e accentuata anche nel primo quadrimestre del 2013, indica ancora l’indagine della Confederazione italiana agricoltori. Non solo, la crisi e i tassi ipotecari più alti d’Europa mettono sempre più in difficoltà gli italiani che hanno stipulato un mutuo. Tant’è che il 7,7% delle famiglie, ossia 254mila, non ce la fa più a pagare le rate. Il calcolo è stato effettuato da Adusbef-Federconsumatori sulla base dei dati Bce riferiti ad aprile 2013. Su un totale di tre milioni e 300mila mutui, per una consistenza che ammonta in totale a 364,183 miliardi di euro, «una quota del 33%, pari a 1,1 milioni eccede il tasso soglia della legge antiusura e sono annullabili per usura». I tassi di interesse, si spiega nella nota, sono pari al 4,46% in media in Italia, contro il 3,34% della media Ue, con un differenziale di 112 punti base. E un italiano che ha contratto un mutuo di 100mila euro a trent’anni, paga «una rata mensile di 64 euro più alta (768 euro in più all’anno) del mutuatario di Eurolandia, con un pizzo di 23.040 euro in più a conclusione del contratto di mutuo, rispetto ad un cittadino dell’area Euro». Ma, concludono Adusbef-Federconsumatori, «quando il tasso di mora, le penali e le varie spese, tutte messe insieme superano il tasso soglia, stabilito dalla legge antiusura, anche i mutui diventano usurari e possono essere annullati con le relative procedure giudiziali».

 

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