Argentina, la Kirchner da peronista a chavista: rimossa la statua di Colombo
Anche l’Argentina sta diventando “chavista”? Pare di sì, malgrado il presidente Cristina Kirchner sia peronista. Ma in questo momento in America Latina conta più l’identità continentale delle scelte politiche. Così una statua di Cristoforo Colombo donata dalla comunità italiana nel 1910, in occasione del Centenario della Repubblica Argentina, è diventata l’ostaggio di una disputa fra il governo nazionale e le autorità cittadine di Buenos Aires. Ma anche di un dibattito sul revisionismo storico, per il quale il navigatore genovese è visto come simbolo della conquista europea dell’America Latina al quale è necessario contrapporre eroi “nativi”, indigeni. La crisi è scoppiata venerdì, quando una grossa gru gialla è arrivata sulla piazza dove si trova il monumento – proprio dietro alla Casa Rosada, nel centro stesso di Buenos Aires – per smontare la statua e portarla a Mar del Plata, a 400 chilometri dalla capitale, per ordine del governo del presidente Cristina Fernandez de Kirchner. La stessa Kirchner aveva annunciato nel marzo scorso la sua intenzione di rimuovere la statua – 38 tonnellate di marmo di Carrara, 6 metri di altezza – per sostituirla con un monumento della patriota boliviana Juana Azurduy de Padilla, donato dal governo di Evo Morales e simbolo della lotta indigena contro l’impero spagnolo in America Latina. Il trasloco della statua di Colombo fa parte di una serie di iniziative lanciate dalla Kirchner per rivendicare figure storiche del subcontinente: il monumento di Azurduy dovrebbe fare parte di una “Passeggiata latinoamericana” con statue di diverse personalità nella piazza dietro alla Casa Rosada, sede del governo, dove del resto il Salone Colombo è già diventato Salone dei Popoli Nativi, come l’etichetta “politically correct” impone nel riferirsi alle etnie indigene. Appena iniziati i lavori di preparazione per lo spostamento della statua, però, sono arrivati sul posto funzionari per Ambiente e Spazi pubblici del governo municipale, presieduto da Mauricio Macri (centrodestra), e attivisti di gruppi di protezione del patrimonio della capitale, che sono intervenuti per bloccare l’operazione, non senza qualche spintone. «Si tratta del patrimonio della città», hanno sottolineato i funzionari, ricordando che proprio giovedì scorso il parlamento di Buenos Aires ha approvato un testo nel quale si dichiara che la statua fa parte del «patrimonio storico e artistico della città» e dunque non può essere rimosso su ordine dell’amministrazione federale. Molte le proteste ad esempio degli avvocati di origine italiana nonché della stessa comunità tricolore in Argentina. Tra l’altro, si calcola che 25 dei 40 milioni di abitanti del Paese hanno almeno un antenato italiano. Il monumento è opera dello scultore fiorentino Arnaldo Zocchi. Nel frattempo, l’associazione “Basta de demoler” (Basta demolizioni) ha presentato un ricorso urgente a un tribunale locale, che l’ha accolto, bloccando lo spostamento. Il magistrato ha disposto che il governo nazionale presenti entro tre giorni un documento scritto che giustifichi il trasloco. Nel frattempo infuria la polemica sul valore simbolico dello spostamento, difeso da alcuni come segno di una volontà di integrazione latinoamericana e criticato da altri, come lo storico Ignacio F. Bracht, che lo interpretano come dimostrazione di un “manicheismo ideologico” che nega la complessità della vicenda storica del subcontinente, segnata dalla fusione di realtà culturali molto diverse fra loro.