Allarme dei petrolieri: consumi energetici come vent’anni fa. Zanonato: così perdiamo centomila posti di lavoro
«In Italia la domanda di energia è tornata indietro di vent’anni». È nera l’analisi del neopresidente dell’Unione petrolifera, Alessandro Gilotti fatta nel corso dell’assemblea annuale, sulla situazione energetica italiana. «Il calo – ha aggiunto – è stato particolarmente vistoso per le vendite di carburanti». Con consumi pari a 177,8 milioni di tonnellate di petrolio equivalente (Tep), il 2012 si colloca ai livelli di metà anni ’90: nel 1998 i consumi furono pari a 179,6 milioni di Tep e nel 1995 pari a 171,5 milioni. Particolarmente pesante è stato il calo del petrolio, che con 63,6 milioni di Tep (-8,1%) «é tornato ai consumi di fine anni ’60», anche complice il crollo delle vendite di auto, tornate indietro di ben trentatré anni. Il gas è sceso del 3,9%, attestandosi a 61,4 milioni di Tep, un valore analogo a quello di dieci anni fa. Sul carbone, invece, la contrazione è apparsa meno marcata (-0,2%) e i 16,5 milioni di Tep sono quasi allineati a quelli del 2011. Non solo, le previsioni sulla bolletta energetica nel 2013 potrebbero segnare un calo di quasi dieci miliardi di euro rispetto al 2012. Segno che le imprese italiane, parte consistente della domanda energetica del Paese, continueranno ad accusare gli effetti della recessione. Gilotti ha spiegato che la bolletta energetica nel 2013 potrebbe attestarsi sui 53-54 miliardi di euro, in calo di dieci miliardi rispetto ai 64 miliardi del 2012, e quella petrolifera intorno ai 28-29 miliardi. Nessun mistero sulle ragioni del calo che, ha spiegato, si deve «al dollaro più forte, al costo del prodotto più basso e al calo della domanda». Una situazione allarmante che per il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, «potrebbe portare alla chiusura di quattro grandi impianti». Alla domanda di quali siano i quattro impianti a rischio, il ministro non ha voluto rispondere. In precedenza, durante l’assemblea dell’Up, aveva spiegato che il settore è in un momento in cui «ha molteplici problemi», con «un eccesso di capacità produttiva di 15-20 milioni di tonnellate l’anno». È dunque fondamentale una «riorganizzazione e concentrarsi su investimenti che creino più valore aggiunto», anche perché «il petrolio rimane strategico anche nelle previsioni a medio e lungo termine in particolare dei trasporti, anche tenendo conto ulteriori progressi». Pertanto, ha aggiunto, è necessario «non compromettere il settore petrolifero italiano e salvaguardare l’occupazione di centomila addetti», mantenendo una «raffinazione forte, trovando un nuovo equilibrio tra regolamentazione e competitività».