Nuova strategia di Obama per uscire dai guai: spostare il conflitto al Congresso

18 Mag 2013 21:16 - di Redazione

Agli scandali si risponde spingendo avanti le riforme. Pare essere questa adesso la nuova strategia di Barack Obama per uscire dalla settimana più turbolenta da quando è stato eletto presidente. Invece che spendere molto tempo per difendersi dalle accuse, l’amministrazione punta a spostare lo scontro sul Congresso, chiedendo ai parlamentari di fare il proprio lavoro risolvendo i problemi di chi cerca un lavoro, degli studenti che vogliono più borse di studio e degli immigrati irregolari che vogliono un cammino verso la cittadinanza. Come racconta il New York Times in un pezzo dal titolo «Il Presidente cerca una via d’uscita oltre i problemi», questa linea è stata decisa nel corso di un vertice alla Casa Bianca tra i maggiori strateghi democratici. L’obiettivo è enfatizzare gli sforzi del presidente a raggiungere risultati concreti, in modo da isolare quel pezzo del partito repubblicano che – secondo i dem – pur di mettere in cattiva luce Obama non intende approvare riforme, necessariamente bipartisan, di cui secondo la Casa Bianca il Paese ha urgente bisogno. Insomma, raffigurare un Grand Old Party più attento al teatrino della politica di Washington e ai propri scopi elettorali che agli interessi reali degli americani. Da qui la decisione concreta di non dedicare oltre un decimo del proprio tempo alle controversie che hanno visto la Casa Bianca in difficoltà. Intanto, al di là delle scelte di Obama, i media cominciano a trarre il bilancio di questa settimana terribile per la sua presidenza. Il Tea Party da giorni minaccia l’impeachment, cercando di addossare ogni responsabilità all’inquilino della Casa Bianca. E ogni volta che uno scandalo coinvolge il “Commander in Chief”, il pensiero vola a Richard Nixon e agli anni ’70. «So che in molti paragonano lo scandalo dell’Agenzia delle Entrate al Watergate. Ma finora direi di no». Parola di Bob Woodward, il cronista del Washington Post che, appunto, insieme a Carl Bernstein, portò avanti la celebre inchiesta che 40 anni fa costrinse per la prima e unica volta nella storia americana un presidente alle dimissioni. «All’epoca – sottolinea Woodward alla Msnbc – avemmo le prove che Nixon personalmente disse ad alcuni suoi uomini: non dite questo, non fate vedere quest’altro». Stavolta invece è molto diverso. Come fa notare Politico.com, nel caso della Irs sono coinvolti funzionari che hanno messo nel mirino alcuni gruppi conservatori, ma senza aver avuto – che si sappia – alcun mandato esterno. E non emerge da nessun documento che lo stesso Barack Obama, o qualcuno del suo staff elettorale, abbia avuto alcun ruolo in questi controlli. Anche sul fronte dello scandalo legato alle mail su Bengasi è emerso che ci siano state diverse visioni su quanto accaduto tra la Cia e il Dipartimento di Stato. Ma dalle carte non è mai uscito fuori che qualcuno legato a Obama abbia voluto deliberatamente nascondere una verità accertata.

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