«Non so se ce la faremo, ma lo faremo». Ecco lo “stupidario” di Civati, il nulla che minaccia il governo

3 Mag 2013 14:15 - di Luca Maurelli

Da quando il Pd è entrato in crisi, cioè più o meno da sempre, c’è un signore che trama contro chiunque provi a fare qualcosa. Ha il nome di un bambino e lo sguardo di un vecchio, si chiama Pippo Civati e si considera giovane ma è già ex di tutto: ex prodiano, ex dalemiano, ex veltroniano, ex renziano, attualmente ex giovane turco, non nel senso di Livia ma di quei contestatori che hanno portato al partito un contributo prezioso e indispensabile di confusione e arrivismo. Pippo Civati,  che su twitter si è battezzato “Ciwati” (qui sveliamo uno scoop, la w sta per web, chi l’avrebbe mai detto?) da qualche giorno si è schierato finalmente contro un avversario, anzi un ex avversario, il Pdl. Super-ospitato in tv, radio e giornali, Pippo esibisce uno sguardo da cocker bastonato annunciando che sarà l’unico a non votare la fiducia al governo Letta (“dopo essermi a lungo interrogato, però”) e formula previsioni fosche sulla durata dell’esecutivo delle larghe intese, accorciandone la vita potenziale ad ogni dichiarazione: due anni, uno e mezzo, uno, mezzo. Più Letta si porta su, più Lavazza-Civatti lo butta giù. È una guerra di nervi tra uno del Pd, che non si sa bene chi rappresenti (a parte gli ex di tutto il mondo) e un partito che ha fatto una scelta politica alla quale, chi ha goduto di una candidatura bloccata, dovrebbe forse uniformarsi. O almeno non stare lì a  gufare tutti i giorni in nome della “mission” che Civati si è dato da solo, quella di fare da “pontiere” col movimento di Grillo. Con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

Del resto, il giovane vecchio ha un curriculum di gaffe non indifferenti. Pensate che solo due anni fa andava a braccetto con Matteo Renzi, si sentiva protetto e coccolato da quell’abbraccio, al punto da dichiarare, spavaldamente, «che i vertici del Pd devono dare un messaggio unitario, io e Matteo siamo nati nel 1975 e quelli che litigavano allora sono gli stessi che litigano ancora oggi». Oggi Pippo e Matteo neanche si salutano. Del resto, il contestatore brianzolo del Pd non ha il problema che ha Renzi, quello dei voti. Lui, fin da piccolo, ha confessato che non prendeva tanti: «Mi candidai in seconda liceo a fare il rappresentante d’istituto e non fui eletto. Mi candidai in terza liceo e non fui eletto. Non un gran inizio di carriera politica». Ma poi, da grande, si rifece con gli interesse, con ventimila voti presi in Lombardia, e da qui spiccò il volo verso la politica nazionale. Da filosofo delle scienze umane, Pippo iniziò a praticare soprattutto l’arte della anti-dialettica segnalandosi come l’anti-Vendola della sinistra che non si capisce che vuole. Con previsione illuminanti: «Non abbiamo abbandonato Rodotà, abbiamo solo cercato di mantenere uno schema non inciucista avesse anche i voti. E Prodi era la persona giusta…», disse all’indomani dell’ennesima sconfitta del Pd nella corsa al Quirinale. Chiaro, no?

E a Bersani? Altro che metafore del giaguaro, con lui in questi mesi s’è scatenato con il copricapo: «Pierluigi dice che non vuole mettere il cappello. Bisogna dargli una fornitura di cappelli perché c’è bisogno di metterli su tante sfide e tante questioni». Insomma, Pippo è un tipo spiritoso, non a caso la sua lettura preferita, ammette, è “Tutti gli intellettuali giovani e tristi” di Keith Gessen. Pippo se la cava bene anche con le citazioni, di se stesso, si spera, a  giudicare da questa che campeggia nel suo blog: «Non so se ce la faremo, ma lo faremo». Come? What? Ma anche sulle metafore lui osa molto: «La prima questione che si impone non è quella di chiudersi a riccio, ma di fare in modo che i ricci portino le mele…». Certo, Pippo, ovvio Pippo. Ed ancora, la sua mente giovane (ma anche vecchia) ha prodotto slogan indimenticabili come “ipocrisia, portami via” o visioni politiche come “ci vuole un partito che passi tutto il proprio tempo a parlare con i cittadini e non con se stesso, in uno stream of consciousness che ci sta facendo uscire pazzi…». Sì, ha detto proprio stream of consciousness. Chiaro, no?

https://twitter.com/lucamaurelli

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