Dal “vaffa” alla “merda” della Lombardi: il turpiloquio avanza ma porterà voti?

30 Mag 2013 10:19 - di Gloria Sabatini

Dal vaffa a merda. Un bel crescendo in casa grillina. Non sarà il turpiloquio politico la causa della disaffezione dalla politica (che ieri Letta ha definito «drammatica») ma certo, come direbbe Gaber, «non aiuta». Lo sfogo di Roberta Lombardi contenuto nella mail indirizzata ai colleghi deputati è un’ottima cartina al tornasole della svolta scurrile di Grillo & company. «Grazie per averci tolto anche la possibilità di parlarci in libertà. Sei una merda, chiunque tu sia…», firmato R. Il raffinatissimo epiteto è rivolto a quei giornalisti spioni che raccontano tutto «quello che ci scriviamo o diciamo sui giornali». Passi la rabbia per il risultato scadente ottenuto alle amministrative, va bene il linguaggio easy, vicino alla gente, lontano dalle iperbole della Prima Repubblica, ma avrebbe potuto trovare una parolina meno tranchant. Non c’è troppo da stupirsi, però. Del resto il suo capo ha fatto la sua fortuna mandando a quel paese tutti con l’ormai celebre vaffa. Ma il padre dello tsunami-tour è in buona compagnia. Magari chi ha più dimestichezza con l’italiano ammanta la nuova tendenza alla volgarità come una scelta popular («Ma così parla la gente!»). E se il gergo tradisce l’identità di una fase storica non c’è da essere ottimisti sull’attuale stagione politica. Ogni epoca ha la sua narrazione, la Prima repubblica ci aveva abituato a toni grigi, seriosi anche nei momenti di maggiore scontro, ma i soloni democristiani, i big socialisti, i comunisti berlingueriani, i missini “esclusi” hanno sempre tenuto rigorosamente distinte la sfera pubblica dalla sfera più intima. Oggi è normale dare dello stronzo a un collega di palazzo. Ne sa qualcosa Francesco Barbato, portabandiera dell’Italia (dei Valori) che durante un dibattito sulla spending review concluse il suo intervento in Aula così: «A questa maggioranza dico, da parte di tutti i giovani, che avete rotto i coglioni!». Fu espulso dall’allora presidente della Camera, Gianfranco Fini, ma la perla rimane agli annali (e negli stenografici di Montecitorio). Il dipietrista scapigliato non si è fatto mancare niente, esibendo nelle occasioni più importanti anche il dito medio. E che dire di Claudio Scajola che parlando di Marco Biagi confessò ai giornalisti «non fatemi parlare, era un rompicoglioni che voleva il rinnovo del contratto di consulenza»? Anche l’elegante Daniela Santanchè non è stata seconda nessuno quando disse di Fini «è palle di velluto». Persino l’algido Massimo D’Alema ha perso le staffe in uno studio televisivo con Sallusti che lo incalzava su affittopoli. «Ma vada a farsi fottere, lei è un bugiardo e un mascalzone». In confronto Diliberto, che disse dell’odiato Berlusconi: bisogna far vedere in tutti i modi che ci fa schifo», sembra aver studiato all’Accademia della Crusca. Ma la notizia è che con la Lombardi siamo alla parolacca nuda e cruda. Vicina alla pancia dell’elettorato?

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