Bersani torna a parlare la solita lingua: pensa ai “giaguari” e a criticare Renzi
Torna a parlare Pierluigi Bersani. Dopo settimane di rassegnato silenzio e dopo avere quasi distrutto il Pd con i suoi temporeggiamenti e con la sua indecisione, dopo avere dovuto accettare ob torto collo le larghe intese e passare la mano a Epifani, rincuorato (forse) dal risultato romano ha ripreso a esternare. E tira fuori una vecchia ossessione, il “giaguaro”. “Una ‘smacchiatina’ a Berlusconi gliel’abbiamo data. Basta con questo ‘sconfittismo’, è un alibi che va rimosso. Non capisco quelli che dicono abbiamo perso, abbiamo perso, abbiamo perso…e poi vanno a fare il ministro!”. Eppure tutto questo ottimismo sui risultati del voto amministrativo, condiviso anche dal segretario del Pd Epifani, non può non stupire: il forte astensionismo, il calo del partito a Roma, le difficoltà a Siena, la crescita di Sel dovrebbero suonare come campanelli d’allarme ma restano evidentemente inascoltati.
La cosa che sicuramente lo ringalluzzisce è il deludente risultato dei Cinquestelle, a proposito del quale, dinanzi al pubblico di Ballarò, chiosa così: “I 5 Stelle non hanno colto che nel loro elettorato oltre alla richiesta di cambiamento, e alla protesta, c’era anche l’esigenza di governo”. Quanto a Casaleggio, osserva che “vive nella rete” e non si mette in politica perché “teme le critiche”. Non si rassegna a riconoscere i meriti di Matteo Renzi e, difettando di autocritica, attacca il sindaco di Firenze: “È bravo, ma devo anche dire che da parte sua non condivido alcune proposte e metodi che vengono venduti come nuovi e che mi sembrano solo delle rimasticature degli anni ’90”. Sugli errori fatti Bersani sorvola: “Ho dato poca spinta al cambiamento”. Una cosetta da niente. Quindi mette le mani avanti sul futuro congresso del partito: “Non ci serve un candidato premier ma solo un segretario”. Il premier è Letta e va sostenuto e il paese l’ha capito. Il paese magari sì, ma l’elettorato di sinistra è davvero così disposto a comprendere?