Assolto l’assassino di Kennedy. Ma il processo è solo “virtuale”

25 Mag 2013 19:00 - di Antonio Pannullo

L’assassinio di John Kennedy, insieme forse a quello di Giulio Cesare, è uno dei più famosi della storia. Ma mentre quello di Giulio Cesare sembra essere stato risolto, quello del presidente americano ancora agita schiere di complottisti, dietrologi, cospirazionisti, che non si rassegnano all’idea che il più famoso dei Kennedy sia stato ucciso da un uomo solo, per giunta filo-castrista. E così, nell’epoca del mondo virtuale, non poteva mancare la moda dei processi non solo virtuali ma anche simulati, rifatti, a scopo puramente speculativo. Altro motivo non ne può avere, infatti, dato che i processi e ben due commissioni di inchiesta hanno stabilito che Harvey Lee Oswald, comunista con disturbi mentali nonché ex marine dalla mira infallibile, quel venerdì 22 novembre del 1963 sparò tre colpi di fucile contro il presidente degli Stati Uniti a Dallas, Texas. Il processo simulato si è svolto a Torino, e ha stabilito che non è stato Lee Harvey Oswald ad uccidere il presidente Kennedy. A sparare, quel 22 novembre del 1963, furono altre persone non identificate, sicuramente più di una. Ma non solo: le indagini, almeno nella prima fase, furono condotte in modo «non limpido», e c’é addirittura il sospetto che le prove siano state «manipolate». Questa la sentenza che un terzetto di giudici del capoluogo piemontese ha proposto per uno dei casi di omicidio più intriganti del XX secolo: l’omicidio di Jfk, una pagina di storia che, a distanza di tanti anni, continua ad affascinare.. L’iniziativa è stata della Camera Penale “Vittorio Chiusano” portata avanti grazie all’impegno dell’avvocato Mauro Anetrini: accusa e difesa hanno incrociato gli argomenti come in un vero dibattimento, argomentando le rispettive tesi con documenti ufficiali e filmati d’epoca. E al pubblico che ha affollato l’aula magna del Palazzo di Giustizia subalpino (molti erano aspiranti avvocati a caccia dei crediti formativi assicurati dalla loro partecipazione) sono stati serviti tutti gli ingredienti del giallo, dal rapporto Warren alle testimonianze truccate, dalla teoria del “proiettile magico” alla singolare catena di suicidi. Oswald non riuscì mai a difendersi in tribunale, visto che venne ucciso due giorni dopo dal gestore di un locale notturno, Jack Ruby, ma questa volta, impersonato dal giornalista Meo Ponte, ha potuto dire di essere solo un “capro espiatorio”. Non la pensava così il pm Andrea Padalino (nella vita professionale sostituto procuratore a Torino), il quale ha chiesto l’ergastolo perché convinto che, pur non avendo premuto il grilletto, l’imputato avesse preso parte a un vero e proprio complotto. L’avvocato Valerio Spigarelli, ha affermato invece che il suo assistito era all’oscuro di tutto e fu abilmente incastrato. Nell’assolvere Oswald, il collegio guidato da Gustavo Witzel (che nella realtà presiede davvero una sezione di Corte d’appello) ha avallato l’ipotesi della cospirazione e ha ordinato simbolicamente la trasmissione degli atti alla procura di Dallas per approfondire le indagini sulla figura di Jack Ruby. Anche il pubblico, chiamato ad esprimere la propria opinione, ha votato a stragrande maggioranza per l’innocenza dell’accusato: la verità ufficiale, quella che ha voluto Oswald uccidere Kennedy e agire da solo, a Torino non ha fatto proseliti.

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