Amato e le ragioni di una bocciatura: «Il Pd è un partito debole. Il nuovo ceto politico? Legge solo Twitter»
Il ceto politico attuale? Le sue «letture non vanno molto oltre Twitter, e se su Twitter legge 50 commenti negativi ne desume che il popolo la vede male. Siamo passati dal governo dei professori al Parlamento dei fuoricorso». Giuliano Amato si toglie qualche sassolino dalla scarpa in una lunga intervista al Corriere della Sera. L’ex premier, bruciato sia sulla strada per il Quirinale che su quella per Palazzo Chigi ammette di vivere «giorni di grande amarezza. Ho visto il mio curriculum, lo specchio di una vita in cui io manifestato capacità, competenze e nulla altro, addotto ad esempio di ciò che dobbiamo distruggere. E l’amarezza è anche stata nel constatare quanto questo vento pesante abbia impaurito, in nome del consenso, anche coloro che avrebbero dovuto reagire e dire: “Ciò è inamissibile». Secondo Amato, «pare di stare in Cambogia quando sparavano a chiunque portasse gli occhiali» e si respira «un clima da Cina della banda dei Quattro» perché «affidiamo il governo del Paese a qualcuno che deve essere “uno di noi” allo stesso modo in cui potremmo pretendere che la guida dell’aereo sia affidata a “uno di noi!”» .
«Considero che quel che mi è accaduto – aggiunge – abbia anche profili di immoralità. In particolare da parte dei diffamatori di professione» e oggi, avverte, «rischiamo di avvitarci in questa forma di purificazione attraverso lo zainetto sulle spalle, appagandoci di portare davvero la cuoca di Lenin in Parlamento». Quanto a Beppe Grillo che lo ha definito “tesoriere di Craxi”, «mente sapendo di mentire: usa il termine che possa farmi apparire più spregevole possibile. Mai avuto a che fare con le finanze del Psi». Amato ne ha anche per il suo partito, il Pd. «Colpisce la difficoltà a prendere atto di questo, la debolezza identitaria di coloro che, timorosi di perdere se stessi, sembrano non capire che possono determinarsi circostanze in cui l’interesse del Paese impone di sacrificare l’interesse di partito. Togliatti non avrebbe avuto difficoltà né a capirlo, né a farlo capire. Un po’ più di togliattismo sarebbe stato bene rimanesse pure nei suoi eredi». Mentre dell’attuale premier, dice che «è uno molto attento agli altri. Enrico Letta dispone di una qualità che l’Italia sta rovinando tra rabbia informatica e ostilità reciproca: ha la dote dell’equilibrio».