Suicidi di Civitanova, i parenti ora accusano la Fornero: «Come fa a dormire la notte?»

8 Apr 2013 16:51 - di Redazione

«Non so come faccia a dormire la notte, non li vede i morti che le passano davanti agli occhi?». È dura, con il ministro Elsa Fornero, Gianna Dionisi, la sorella gemella di Romeo, l’uomo che si è ucciso a Civitanova Marche (Macerata), insieme alla moglie Anna Maria Sopranzi, perché non ce la faceva più ad andare avanti. Dionisi era un muratore che a causa della crisi si era ritrovato senza impiego, tranne qualche lavoretto in nero, e aveva aperto una partita Iva, ma era in arretrato con i versamenti all’Inps. Per far fronte ai pagamenti, che lo avrebbero rimesso in regola con il Durc (il Documento unico di regolarità contributiva), Dionisi aveva fatto un mutuo e si era indebitato. Poi c’erano le spese correnti, le bollette da pagare, mentre in cassa entravano solo i soldi di Anna (600 euro di pensione sociale) e del fratello Giuseppe, a sua volta suicida, 900 euro. «Ma tolte le rate, l’affitto di 500 euro e le spese – racconta Gianna – a loro non restavano che 400 euro per vivere. Noi una mano gliela davamo, ma qui siamo tornati all’era del dopoguerra, è dura andare avanti». «Erano disperati – ricorda Gianna -. Lui qualche volta diceva “mi butto a mare”, ma sembrava una di quelle frasi che si dicono così, tanto per dire». Mai avrebbe pensato che si sarebbe tolto la vita con la moglie (“erano unitissimi”) e che il cognato, disperato, si suicidasse a sua volta gettandosi veramente in mare. «Anche se sentivo che sarebbe successo qualcosa di brutto», dice Gianna. E così è stato. Giovedì notte hanno cenato, Anna ha rigovernato la cucina e preparato il té per il fratello, hanno aspettato che Giuseppe, attaccatissimo alla sorella, fosse addormentato, e sono scesi nel garage, dove si sono impiccati. Il letto coniugale è stato trovato rifatto: un suicidio meditato a lungo, pianificato, nessun ripensamento. Intanto, dal Codacons, arriva un esposto per istigazione al suicidio contro lo Stato, per far accertare alla Procura di Macerata se ci vi siano delle responsabilità da parte delle istituzioni nella tragedia. «Si ricorda – riferisce una nota – che per l’art. 580 del Codice Penale si configura il reato non solo quando si determina altri al suicidio ma anche quando si rafforza l’altrui proposito di suicidio».

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