Sarah Scazzi, quell’applauso liberatorio alla parola “ergastolo”…
Agli snob non sarà piaciuta la scena perché – secondo le logiche salottiere – non si deve gioire delle condanne altrui. Ma stavolta non si sono argomentazioni che tengono perché la vicenda di Avetrana ha scosso un intero Paese, che ha subìto anche la beffa di essere preso in giro per lungo tempo. Alla parola “ergastolo” si è levato un boato. È stato l’applauso liberatorio nell’aula Alessandrini del Palazzo di Giustizia di Taranto. La Corte di Assise ha condannato Sabrina Misseri e sua madre Cosima per l’omicidio della quindicenne Sarah Scazzi, uccisa il 26 agosto del 2010. A otto anni è stato condannato Michele Misseri, per concorso nella soppressione del cadavere della nipote e per furto aggravato del telefonino della vittima. L’applauso liberatorio non è stato solo quello del pubblico presente in aula, ma un applauso che si è levato da tutta Italia, per il comportamento indecoroso tenuto dai responsabili dell’atroce delitto in questi 32 mesi. Trentadue mesi durante i quali è successo di tutto, con responsabilità palleggiate da una parte e dall’altra, confessioni, racconti, dietrofront, il delitto trasformato in una “fiction” oggetto di trasmissioni tv e servizi speciali. Quell’applauso scrosciante è un applauso alla chiarezza, finalmente, giunta a coronare la tragedia della povera Sarah.