Renzi: nessuna scissione, mi ritiro a Firenze. Sono stufo di prendere schiaffi…

12 Apr 2013 11:52 - di Priscilla Del Ninno

Acque agitate nel Pd, dove le correnti degli ex ds e quelle ex margherita rischiano di risucchiare in un vortice gli equilibri di un partito alla deriva. La temperatura delle lotte intestine è alta, dunque, e la pressione delle polemiche sale di ora in ora, facendo aumentare il rischio che possa saltare il tappo che tiene sotto controllo il compromesso tra vecchie leadership, rimesse pericolosamente in movimento dall’elezione del capo dello Stato. E mentre D’Alema incontra Renzi a Firenze, (convinto che escluderlo sia «un errore politico»), tentando di ricucire la trama sfilacciata del partito, il segretario da Largo del Nazareno si limita ad escludere in teoria il rischio di una scissione, laddove Franceschini adombra il dubbio che ci possano essere divisioni. Due opposte visioni parallele, che si incontrano all’infinito nella considerazione avanzata da Beppe Fioroni: il voto del Quirinale? Punto di snodo per il Pd: «Può essere l’inizio o la fine». Renzi, convinto a resistere, respinge a maggior ragione l’ipotesi di una sua fuoriuscita volontaria, deciso a non percorrere le orme battute dallo sventurato predecessore del «Che fai mi cacci?».

Dunque, tra un vertice e l’altro con i due grandi rottamati del Pd, Walter Veltroni e Massimo D’Alema – il primo colloquio, avvenuto in segreto, si è tenuto a casa dell’ex segretario, nell’immediato dopo elezioni; il secondo, con l’ex presidente del consiglio, come si sa è di ieri – il sindaco rottamatore ufficializza il virus della spaccatura, un virus a rischio di endemizzazione, conclamato a colpi di botta e risposta lanciati da uno studio tv all’altro, dalla presidente Bindi al segretario, e da Bersani a Renzi. Una situazione da cui il sindaco Pd prova a smarcarsi ritirandosi sull’Aventino dell’amministrazione di Firenze, da cui prova a fronteggiare a distanza l’offensiva delle provocazioni a sua detta mirate a costringerlo all’esilio volontario. Nel frattempo, sfoga su La Stampa il suo malessere, e dalle colonne del quotidiano torinese avverte: «Facciano quello che vogliono, io mi sono stancato. Vogliono mettere in campo Barca? Lo facciano. Vogliono puntare sulla Boldrini? Ci puntino. Io leggo i sondaggi su di me e sono contento: la gente continua ad avere fiducia. Che se la vedano loro: se hanno bisogno, se pensano di aver bisogno di me, mi chiamano. Nel frattempo me ne sto a Firenze e faccio il sindaco».

Intanto a Roma, però, riconosce lui stesso, «tagliano fuori i miei quasi da tutto: alla Camera, per esempio, fanno cinque vicepresidenti del gruppo Pd, ma noi non ci siamo». E giù con un’altra esclusione, dopo quella più indigesta delle elezioni del presidente coltivata, confessa Renzi su La Stampa, «fin da quando seguivo in tv l’elezione di Cossiga: speravo mi potesse capitare. Ma non me lo aveva ordinato il medico, mi era stato proposto dal Pd, salvo che poi, all’ultimo momento, qualcuno ha cambiato idea. O gliel’anno fatta cambiare». Pillola amara che D’Alema, interpellato sulla vicenda, prova ad indorare dichiarando: «Neanche io sono tra i grandi elettori, però non mi lamento». Aggiungendo subito dopo che, «hanno votato sbagliato, ma è una questione locale: nessuno può pensare che da Roma siano arrivate telefonate per bloccare il sindaco di Firenze». Come dire, dopo il danno anche la beffa. Danni e beffe che Renzi su La Stampa definisce «schiaffi» che è stufo di continuare a prendere. «Che diavolo ho fatto per meritare un trattamento così? Ho sfidato Bersani a viso aperto, e dopo le primarie ho fatto la campagna elettorale sostenendolo lealmente. Non mi sono messo di traverso mai, né prima né ora, anche se molte cose non mi convincono. Ho detto solo: fate qualcosa, qualunque cosa, ma fatela in fretta. In risposta mi è arrivato sulla testa di tutto»… Allora, l’ipotesi di un tandem Barca-Renzi potrebbe portare ad una via d’uscita? «Ci conosciamo pochissimo», spiega il sindaco Pd a La Stampa. E poi conclude lapidario: «Una volta andai da lui ministro da pochissimo, a chiedere soldi per Firenze: disse che non ne aveva e mi trattò come fossi un ragazzino… mi alzai e me ne andai». Ed è lì che ha cominciato ad incassare…

 

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